«Siamo brava gente, lasciateci in pace»

(...) non appena si accorgono di un volto sconosciuto. «Quando vedono un taccuino o una telecamera - ci dice un volontario - si ammassano dentro. Secondo voi è un caso? Non vogliono parlare».
All’ora di pranzo ci sono soprattutto madri, figli e qualche anziano. Gli uomini saranno una decina, i ragazzi ancora meno. Qualcuno, dopo un po’, esce a fumare una sigaretta, mentre una coppia di donne bardate a lutto si allontana a passi svelti, trascinando un carrellino vuoto che sobbalza sul terreno sconnesso. Un giro del grosso isolato, una ricognizione rapida dei bidoni dell’immondizia e poi si ritorna dentro, a mani vuote. Là davanti passa il 714, l’autobus che porta fino a Termini: lo aspetta un rom molto avanti negli anni, con gli occhi scurissimi e una sciarpa piena di aloni, anche lui trasferito nel padiglione in seguito allo sgombero del campo abusivo di Villa De Sanctis. Nemmeno il tempo di rivolgergli una domanda che sibila: «Siamo brave persone. Lavoriamo giorno e notte, lasciateci in pace». E in merito ai presunti stupratori aggiunge secco, facendo cenno di girare alla larga: «Non li conoscevo».
La notizia degli arresti non ha invece sorpreso i residenti di via dell’Arcadia, la stradina in salita che si avvolge intorno alla fiera. «Abbiamo paura - dice serio Paolo, 58 anni -. La sera li vediamo tornare, quasi sempre ubriachi. Mia figlia da sola non esce più, io ho un cane addestrato, li sfido ad avvicinarsi». Volti diversi, storie che si ripetono, tre o quattro volte almeno, sempre uguali, fino ai dettagli. «Una mia amica molto anziana che abita qui vicino è stata derubata, gli hanno preso tutto - racconta Maria -. Per lei è stato un doppio trauma, visto che il marito era appena entrato in ospedale». Poco distante c’è viale di Tor Marancia, uno stradone tagliato a metà da una distesa di alberi nudi. Alessandro è in cortile a lavare la sua auto. «Da due mesi - ricorda - la situazione è peggiorata, ci sono stati furti e un paio di aggressioni, basta controllare. Qui non si tratta di razzismo, ma di fatti».
È tempo di tornare all’interno, passando da un’altra feritoia, stavolta aperta su via dell’Arcadia. Da qui l’ex fiera sembra un gigante che rantola, un labirinto senza più sbocchi, gonfio di lamiere inutili.

I bagni tradizionali sono sbarrati da una montagna di sacchi di nylon, quelli chimici sbucano dietro ogni curva, mentre gli spifferi si infilano negli edifici e salutano ogni passo con scricchiolii sinistri. Da uno slargo si intravede un balcone dove qualcuno ha appeso una grossa scritta: «Fiera di Roma. Riqualificazione sì, speculazione no».

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