Controcultura

Siamo Hänsel e Gretel nella casa di marzapane

Jennifer Egan è nata nel 1962 a Chicago. Con "Il tempo è un bastardo" ha vinto il Pulitzer nel 2011. Ora esce per Mondadori il suo nuovo romanzo, "La casa di marzapane"

Siamo Hänsel e Gretel nella casa di marzapane

La casa di marzapane è quella (digitale, virtuale, social) in cui viviamo: un mondo che, apparentemente, soddisfa i nostri desideri con i dolci più appetitosi che si possano sognare, come quelli di cui è costruita la casetta della strega; solo che il resto del pranzo siamo noi, proprio come Hänsel e Gretel. Si può fuggire, ficcando la testa della strega nel forno? «Ogni labirinto ha un'uscita» dice, a un certo punto, uno dei molti personaggi che si intersecano nella rete - che è, ovviamente, metafora della Rete - del nuovo romanzo di Jennifer Egan, La casa di marzapane (Mondadori), che riprende alcuni fili e figure già incontrati in Il tempo è un bastardo, con cui l'autrice ha vinto il Pulitzer nel 2011.

Uno dei personaggi «recuperati» da Egan è Bix Bouton, che è al cuore del nuovo mondo, che poi sarebbe il nostro, solo un pochino più spinto in avanti con le tecnologie e l'invasività: miliardario grazie ai social media e a internet, fondatore della potentissima Mandala, all'inizio del romanzo si trova in crisi di idee. Così si mette a passeggiare per New York, fino a imbucarsi in casa di un certo professor Hollander, dove si tiene un incontro per discutere sulle tesi di Miranda Kline. Miranda Kline è l'antropologa che, studiando una tribù amazzonica, ha scoperto i logaritmi che sottendono al comportamento umano in termini di relazione e fiducia: in pratica, l'umanesimo che ha fornito le basi per la disumanizzazione o, volendo, la brillante mente che ha fornito lo spunto a giovani intraprendenti per diventare ricchissimi. È qui che Bix rubacchia un'altra idea, questa volta da una esperta di animal studies: l'esternalizzazione delle percezioni, che diventa quella della nostra coscienza.

Ed ecco il gradino successivo: «Riprenditi l'Inconscio», una memoria potenziata, riversata in un «Cubo Mandala», che consente di scovare tutti i nostri ricordi, anche quelli dimenticati, mettendoli in salvo (e, sì, regalandoli a Mandala). Altra piccola evoluzione: la «Coscienza collettiva», dove chiunque può mettere a disposizione i propri ricordi e percezioni, in modo che tutti gli altri possano accedervi. Poi, se qualche brutto evento si preferisce scordarlo, si può ricorrere al «MemoryShop»: si esternalizza la memoria, la si priva del ricordo negativo e la si riottiene «ripulita». Et voilà.

Intorno a Bix, agli Hollander e a Miranda Kline ruotano tutti gli altri personaggi, grazie ai quali Jennifer Egan ritrae la società americana nelle sue manie, derive, dipendenze, ridicolaggini e ferite: fricchettoni fuori tempo massimo, ricconi hollywoodiani, vamp, bacchettoni, politicamente corretti, drogati, artistoidi, figli viziati, figli abbandonati, carrieristi, romantici, cervelloni informatici... È uno di questi ultimi, Lincoln Hollander, a spiegare perché i ribelli del sistema, i cosiddetti «elusori», sbaglino a lasciarsi ancora sedurre «da una fantasia di libertà e di fuga», dall'inseguimento di «quel senso di unicità che provavano prima che conteggi come i nostri dimostrassero loro quant'erano paurosamente simili a tutti gli altri». Perché non c'è da preoccuparsi, se non siamo unici: «La quantificabilità non rende la vita umana meno degna di essere vissuta e neanche (questa è un'idea controintuitiva, lo so) meno misteriosa... così come identificare lo schema della rima in una poesia non priva quest'ultima del suo valore».

Eppure... Restano, in barba a Lincoln e alla Rete, dei «buchi»: ricordi sfuggiti alle maglie del sistema, gente che si ostina a tenersi qualcosa per sé. Come Gregory, l'ultimogenito di Bix Bouton.

E c'è una sola «macchina» che ci dia accesso a questo sottobosco da esplorare all'infinito: la letteratura, che regala soltanto, senza privare di nulla, tanto meno della libertà.

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