Siamo in preda all’istinto, cancellate le regole della convivenza

Non possiamo assuefarci ala barbarie, meglio scandalizzarsi a costo di sembrare moralisti

Non dobbiamo assuefarci, cerchiamo di scandalizzarci e di non preoccuparci se qualcuno ci dà dei moralisti che non capiscono come gira il mondo. Prima ancora di andare a cercare le cause, non dimentichiamo di rappresentarci la realtà in tutta la sua crudezza.
Si sta disgregando quel tessuto connettivo che tiene insieme una comunità: non parlo di alti valori morali, del sentimento religioso, della famiglia, della propria identità nazionale. Mi riferisco alle minime, elementari regole della convivenza civile, di cui quella più semplice e immediata è il rispetto dell’altro. Ma, ancora una volta, non si tratta di evocare forme nobili, alte della dignità altrui da non violare, bensì del corpo, della fisicità dell’altro.

Siamo egoisti e poco ci interessa del nostro vicino di casa, viviamo chiusi e isolati senza troppo preoccuparci delle persone che quotidianamente incontriamo, ma non conosciamo. Non è un modo dignitoso di stare al mondo, però anche in questa indifferenza rimane il minimo rispetto dell’altro, rispetto verso il suo corpo, la sua fisicità.

Quel signore che incrociamo ogni mattina per le scale e, forse, neppure salutiamo, se inavvertitamente lo spingiamo, ci viene ancora spontaneo chiedergli scusa: ecco, questo è il minimo elementare rispetto dell’altro, non un’attenzione ai suoi problemi esistenziali ma soltanto al suo esserci, al suo corpo. Se quest’attenzione viene a mancare, entriamo in un conflitto permanente con chi ci sta intorno: ci sentiamo circondati da nemici, temiamo una loro aggressione, anticipiamo la violenza. Viene a mancare la base elementare di quel patto sociale decisivo per la convivenza. Perché, appunto, non si tratta di aprire dialoghi e confronti su diverse visioni del mondo che ci accomunano o ci dividono, ma soltanto di prendere atto di una semplicissima evidenza: non siamo soli, dobbiamo convivere.
La fotografia della realtà ci mostra che si stanno lacerando questi legami fondamentali e che la violenza più gratuita, immotivata è sempre in agguato come in un film di fantascienza in cui si rappresenta la metropoli futura senza legge, dominata dalla più cieca e brutale violenza.

Perché sta accadendo questo? Si può rispondere alla domanda se cerchiamo ancora in noi stessi, nella nostra educazione, in quel senso della vita che abbiamo appreso prima in famiglia e poi a scuola. E allora non dobbiamo assuefarci, come dicevo, a questa disgregazione sociale, non dobbiamo rinunciare a manifestare il disgusto per gesti brutali.

Le più immediate giustificazioni a quest’insorgere di barbarie fanno generalmente riferimento all’insicurezza, all’instabilità economica, alla minaccia dello straniero, insomma, alla paura. Saranno motivazioni con qualche fondamento, ma nell’insieme fragili. Alla base di questa spaventosa disgregazione sociale e della perdita del rapporto elementare di convivenza, c’è il dominio dell’istinto sulla ragione.

Di quell’istinto che acceca, che non ha nessunissima giustificazione, che non è controllato da un minimo di educazione. A quest’istintualità che prevarica la ragione è proprio la fede nella nostra cultura che ci può salvare, fede nei principi in cui siamo stati educati e che non devono tacere il disgusto di fronte alla barbarie.

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