Rivendicare a se stessi il nome di cristiani non va di solito scevro da un certo sospetto di pia unzione e d'ipocrisia, perché più volte l'adozione di quel nome è servita all'autocompiacenza e a coprire cose assai diverse dallo spirito cristiano, come si potrebbe comprovare con riferimenti che qui si tralasciano per non dar campo a giudizi e contestazioni distraenti dall'oggetto di questo discorso. Nel quale si vuole unicamente affermare, con l'appello della storia, che noi non possiamo non riconoscerci e non dirci cristiani, e che questa denominazione è semplice osservanza della verità. Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo.
Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della libertà politica, e Roma del diritto: per non parlare delle più remote della scrittura, della matematica, della scienza astronomica, della medicina, e di quanto altro si deve all'Oriente e all'Egitto. E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni, in quanto non furono particolari e limitate al modo delle loro precedenti antiche, ma investirono tutto l'uomo, l'anima stessa dell'uomo, non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l'impulso originario fu e perdura il suo. La ragione di ciò è che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all'umanità.
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Così la Chiesa cristiana cattolica foggiò i suoi dogmi, non temendo di formulare a volte il non pensabile perché non a pieno risoluto nell'unità del pensiero, il suo culto, il suo sistema sacramentale, la gerarchia, la disciplina, il patrimonio terreno, l'economia, la finanza, il giure e i tribunali suoi e la correlativa casistica legale, e studiò e attuò accomodamenti e transazioni con bisogni che né poteva estinguere o reprimere né lasciar liberi e disfrenati; e benefica fu l'azione sua, vincendo il politeismo del paganesimo e i nuovi avversari che le vennero dall'Oriente (dal quale essa stessa proveniva e che aveva sorpassato), e quelli particolarmente pericolosi perché recavano impressi molti tratti della sua stessa fisionomia come gli gnostici e i manichei, e provvedendo a costruire su nuove spirituali fondazioni il cadente e caduto impero di Roma, e di esso, come di tutta l'antica cultura, accogliendo e serbando la tradizione. Ed ebbe una lunga età di gloria che fu chiamata il medio evo (partizione storica e denominazione in apparenza nata come per caso, ma in effetti guidata da sicuro intuito del vero), nella quale non solo portò a termine il cristianizzamento e romanizzamento e incivilimento dei germani e di altri barbari, non solo impedì le rinnovate insidie e i certi danni di nuove-vecchie eresie, dualistiche, pessimistiche ed ascetiche, acosmiche e negatrici della vita, non solo animò alla difesa contro l'islam, minaccioso alla civiltà europea ma tenne le parti dell'esigenza morale e religiosa che sovrasta a quella unilateralmente politica e a sé la piega, e, in quanto tale, a giusto titolo essa affermò il suo diritto di dominio sul mondo intero, quali che nel fatto fossero sovente le perversioni o le inversioni di questo diritto.
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Continuatori effettivi dell'opera religiosa del cristianesimo sono da tenere quelli che partendo dai suoi concetti e integrandoli con la critica e con l'ulteriore indagine, produssero sostanziali avanzamenti nel pensiero e nella vita.
Furono dunque, nonostante talune parvenze anticristiane, gli uomini dell'umanesimo e del Rinascimento, che intesero la virtù della poesia e dell'arte e della politica e della vita mondana, rivendicandone la piena umanità contro il soprannaturalismo e l'ascetismo medievali, e, per certi aspetti, in quanto ampliarono a significato universale le dottrine di Paolo, slegandole dai particolari riferimenti, dalle speranze e dalle aspettazioni del tempo di lui, gli uomini della Riforma; furono i severi fondatori della scienza fisico-matematica della natura, coi ritrovati che suscitarono di mezzi nuovi alla umana civiltà; gli assertori della religione naturale e del diritto naturale e della tolleranza, prodromo delle ulteriori concezioni liberali; gl'illuministi della ragione trionfante, che riformarono la vita sociale e politica, sgombrando quanto restava del medievale feudalismo e dei medievali privilegi del clero, e fugando fitte tenebre di superstizioni e di pregiudizi, e accendendo un nuovo ardo e un nuovo entusiasmo pel bene e pel vero e un rinnovato spirito cristiano e umanitario; e, dietro ad essi, i pratici rivoluzionari che dalla Francia estesero la loro efficacia nell'Europa tutta; e poi i filosofi, che procurarono di dar forma cristiana e speculativa all'idea dello Spirito, dal cristianesimo sostituita all'antico oggettivismo, Vico e Kant e Fichte e Hegel, i quali, per diretto o per indiretto, inaugurarono la concezione della realtà come storia, concorrendo a superare il radicalismo degli enciclopedisti con l'idea dello svolgimento e l'astratto libertarismo dei giacobini con l'istituzionale liberalismo, e il loro astratto cosmopolitismo col rispettare e promuovere l'indipendenza e la libertà di tutte le varie e individuate civiltà dei popoli o, come furono chiamati, delle nazionalità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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