«Sicurezza, servono pulizia e lampioni»

L’ex prefetto parla della necessità di rinforzi poi della pericolosità di una cattiva percezione del problema. Alla fine detta la sua «ricetta»

Gianandrea Zagato

«Le forze dell’ordine a Milano svolgono un lavoro egregio ma sono poche. Ne servono di più». «La cosa più pericolosa è la percezione dell’insicurezza che si contrasta con interventi di natura sociale: quartieri più illuminati e più puliti». Due virgolettati che letti di seguito, uno dietro l’altro, non c’azzeccano proprio niente, a meno che non appartengono a due persone diverse. Fattispecie che non è questo caso.
Le due dichiarazioni sono infatti entrambe farina del sacco dell’ex prefetto Bruno Ferrante. Uscite evidentemente contrastanti - la prima, fatta di venerdì, reclama più poliziotti mentre la seconda, di ieri, vagheggia di lampioni e spazzini - su un tema fondamentale per Milano qual è quello della sicurezza, dove l’aspirante candidato sindaco del centrosinistra non è in grado di fornire una risposta inequivocabile. Come quando i duri e puri dell’autonomia hanno messo a ferro e fuoco corso Buenos Aires: all’indomani del primo marzo, per Ferrante, la colpa era tutta «dell’incapacità a prevenire del Comune». Nessuna meraviglia però: l’ex inquilino della Prefettura è quello stesso che, nel 2001, reclamò «più poliziotti per garantire la sicurezza a Milano», dopo che da Roma gli imposero di «far rientrare in Questura» quei tredici agenti «della Polizia di Stato addetto alla guida di autovetture presso la Prefettura». Tredici poliziotti usati come autisti dall’ex prefetto che, allora, dalle colonne del Corriere della Sera denunciò di essere stato messo «sotto tutela» nientepopodimenoche dal Viminale.
Vicenda che, forse, Ferrante ha rimosso ma di cui si ritrovano tracce sfogliando le cronache dei quotidiani di quei giorni. Storia da dimenticare, se l’ex prefetto non facesse quelle uscite da campagna elettorale che hanno un solo scopo: strumentalizzare la sensazione di insicurezza presente in città. E mentre reclama una distinzione tra «il ruolo dei ghisa e quello dei poliziotti», c’è chi gli ricorda che fu proprio lui, ai tavoli quasi settimanali di Palazzo Diotti, a volere che, almeno a parole, pure i vigili urbani presidiassero i mercati caldi della città insieme agli agenti della polizia di Stato. Testimonianze condivise non solo dagli assessori Roberto Predolin e Guido Manca, dal capo di gabinetto dell’assessorato al Commercio, Claudia Antonelli, ma anche dagli stessi ambulanti regolari, in possesso di licenza, che ieri al mercato di Senigallia hanno contestato Ferrante.
Quel giretto pomeridiano dell’aspirante sindaco del centrosinistra non è stato affatto gradito: «Via di qui, non hai fatto niente per noi», «sei solo chiacchiere e distintivo», «sei venuto a raccogliere i voti degli abusivi». Battute dettate dalla rabbia di chi ha chiesto invano all’ex prefetto di contrastare un fenomeno che danneggia non solo i commercianti ma pure gli acquirenti, «chi era Ferrante l’abbiamo scoperto il 4 novembre 2005, quando si è candidato: ha gettato la maschera e ha mostrato il suo vero volto».
Valutazioni politiche almeno evitate a quelli della Rosa nel Pugno che, ieri, hanno ottenuto la promessa di Ferrante «di coinvolgere i milanesi su tre obiettivi: l'agenzia per le tossicodipendenze, la creazione di nuovi asili nido e gli interventi a favore dei disabili».

E il registro dei Pacs? Sì, anche al registro, ma «in coerenza con il programma nazionale dell’Unione». Che è quel modo un po’ equilibrista che ha Ferrante di non scontentare nessuno senza però mai poter garantire che agli impegni seguano i fatti.

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