Il signor Geox si dà al ciclismo «Pronti a fare le scarpe a tutti»

L’uomo che ha inventato le scarpe che respirano è entrato nel ciclismo con il fiatone. «Abbiamo peccato d’inesperienza, anche per via di regole troppo cervellotiche e macchinose. Ma ora che siamo partiti, in questo mondo intendiamo restarci per diversi anni».
Mario Moretti Polegato, il signor Geox, lo incontriamo a Caerano San Marco in occasione della presentazione della Diadora Pasta Zara, una delle squadre femminili più forti del mondo che gravita anch’essa nella galassia sportiva di uno dei nostri capitani d’industria (quinto per ricchezza in Italia) più apprezzati del mondo.
Da quest’anno Geox sbarca nello sport: con una squadra di ciclismo (capitanata da Menchov e Sastre), e due partnership tecniche: in F1 con la Red Bul di Vettel e Webber e in Superbike al fianco di Max Biaggi. «Abbiamo deciso di fare un investimento tecnico. Abbiamo scelto tre sport che riteniamo estremi, che saranno in pratica tre laboratori per verificare quello che i nostri ingegneri progettano in laboratorio. Non siamo mai partiti dal marketing o dal testimonial, ma dall'innovazione. Ai piloti della Red Bull forniamo scarpe rivoluzionarie. I piloti viaggiano a 300 all'ora in condizioni estreme, a 50°, con una particolare distribuzione del sudore. A me non interessa molto avere il marchio sulla tuta del pilota, ma testare e sviluppare tecnologie che poi potremo usare tra qualche anno nel mondo di tutti i giorni».
Diadora è un vostro brand, gestito direttamente da Enrico, suo figlio: perché proprio il ciclismo femminile?
«Perché il futuro è donna. Sia io che mio figlio Enrico crediamo nello sport coniugato al femminile. Sono brave, scrupolose, tenaci e quindi meritano attenzioni. Noi poi abbiamo una squadra fortissima e soprattutto abbiamo un dovere: fare bene per Marina Romoli, una nostra ragazza che un anno fa è rimasta vittima di uno spaventoso incidente stradale in bici (è stata investita da un’auto, ndr) e oggi è costretta a stare su una carrozzina. Lei sta lottando per tornare a camminare, noi siamo al suo fianco perché ci crediamo quanto lei. Siamo anche vicini a Daniele Colli, ragazzo operato di un tumore benigno al ginocchio, sul quale contiamo molto per il futuro. Insomma, scommettiamo su Marina, Daniele e sul ciclismo, sport che farà riscoprire a noi tutti l’ambiente. L’importante è che i nostri politici decidano una volta per tutte di darci una mano. Ci si chiede di lasciare la macchina in garage, ma poi non ci sono strade per poter praticare questo bellissimo sport. Ci vogliono più strade protette, più anelli ciclabili, più piste per permettere a tutti di fare sport all’aria aperta, perché la gente è stufa di rintanarsi nelle palestre».
Per questo avete scelto il ciclismo?
«Certamente. Ora la tendenza è fare ginnastica all'aria aperta e il ciclismo è perfetto: attività motoria a contatto della natura».
Per quanti anni avete intenzione di restare nel ciclismo?
«Almeno 3-4 anni. Ma pensiamo anche di diventare sempre più italiani. Quest’anno vogliamo conoscere, verificare, vedere: poi, come è nostra abitudine, valuteremo ogni cosa e tireremo le somme. Nel 2012 ci saranno innesti strategici, prenderemo un grosso corridore italiano che possa diventare punto di riferimento per i giovani. Siamo solo all’inizio di un progetto molto ambizioso: vincere per cercare di fare le scarpe a tutti».
Sarete al via anche del Giro d’Italia?
«E pensiamo anche di poter essere molto competitivi con Denis Menchov, che un Giro l’ha già vinto».
Quando le è nata l’idea di entrare nel ciclismo?
«Al Tour de France. Ero al seguito della tappa del Tourmalet: sono rimasto impressionato dal numero e dall'entusiasmo delle persone riversate sulle strade. In un ristorante di Lourdes la decisione: si fa la squadra».
Sa che nel ciclismo il doping è all’ordine del giorno?
«So anche che è uno degli sport più controllati e rigorosi in assoluto. So che anche in questo è all’avanguardia, e succedesse qualcosa di questo genere, ci sono penali e la possibilità anche di uscire immediatamente dal ciclismo. Lei forse non sa che Geox ha un comitato etico rigorosissimo, nel quale siede anche Navarro Valls (il portavoce di Papa Wojtyla, ndr): gli affari sono importanti ma anche come si fanno è altrettanto importante».
Ha mai corso in bicicletta?
«A 16 anni, un amico mi aveva convinto a salire in bici e iscritto al Cicloturismo di Montebelluna. Ricordo soprattutto la fatica: Feltre, le Scale di Primolano (dove Coppi si ruppe il bacino al Giro 1950, ndr), Bassano e ritorno. E con mio padre si saliva sulla Fiat 1100 per andare al Giro. Un fornello da campo con la carbonella, e via sul Pordoi. Ero un ragazzino, ma conservo il ricordo di quell’entusiasmo, di quelle strade, di quella festa popolare.

Al Tour l’ho riassaporata e al Giro spero di riviverla. Noi al ciclismo e allo sport chiediamo risultati, ma soprattutto pretendiamo idee per il benessere futuro. Il ciclismo è benessere e per noi il benessere è una priorità: in tutte le sue forme e declinazioni».

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