Per una signora non è reato «barare» sull’età

Sui documenti corretti a penna ha dieci anni di meno: assolta dal giudice

Per una signora non è reato «barare» sull’età

Poco c’è mancato che finisse sotto accusa il poliziotto, magari per indelicatezza aggravata e continuata. Il giudice dubbi non ne ha avuti: la signora che si è «tolta» dieci anni è da assolvere, il fatto mica costituisce reato, sennò altro che costruire nuove carceri... Ma questa è la fine, la notizia che arriva quando il magistrato batte il martelletto sulla scrivania e annuncia che la seduta è tolta. La «tragedia» si è sfiorata prima, in questura alla Spezia, dove Francesca P., una signora di anni..., vabbé anni tot, si è presentata agli agenti. Normali pratiche da sbrigare, una formalità. L’agente chiede un documento e la signora mostra la carta d’identità. Valida, validissima, ma un po’ troppo «generosa» nei confronti della proprietaria. La signora i suoi anni se li porta bene, ma sostenere che ne ha addirittura dieci di meno è quantomeno sospetto. Ecco il reato di «indelicatezza». L’agente insiste e dimostra che al corso di scuola di polizia non c’è da sostenere l’esame di galateo: «Scusi, ma quanti anni ha»? La data sul documento è strana, non sembra scritta da una stampante, il terzo numero dell’anno sembra... corretto a penna. Insomma che la signora abbia in realtà anno.. tot più dieci. Lei un po’ stizzita fruga nella borsa e tira fuori un altro documento, la patente. Accidenti, anche lì c’è qualcosa che non va. Ancora una data, sempre un anno che il poliziotto non vuole prendere per buono. Indelicatezza continuata, oltre che aggravata. Insomma, la pratica in questura può attendere, la signora finisce in tribunale, accusata di falso. Il suo avvocato, Maurizio Giannarelli di Sarzana, sfoglia codici e giurisprudenza. Niente da fare la civetteria non è un’attenuante, meglio sostenere un’altra tesi. Intanto andare a processo col rito abbreviato e far dire alla sua cliente la verità. Insomma, che non c’era alcuna volontà di ringiovanirsi sui documenti. Tanto più che sulla patente la data cambiata non era neppure quella di nascita. Anzi, a dirla tutta, non è stata neppure la signora Francesca a farsi lo «sconto», ma è stato un gentile regalo della figlioletta, che un giorno ha trovato i documenti della mamma sul tavolo sul quale lei faceva i compiti. Quel giorno aveva matematica, e quei numeri su carta d’identità e patente sembravano più simpatici di quelli dei problemi dati dalla maestra. E chissà che cosa sarebbe successo se lei li avesse cambiati? Tesi credibilissima, visto che la contraffazione era proprio grossolana, si vedeva benissimo che qualcuno aveva usato la biro sul tratto lasciato dalla stampante.
Eccola, la chiave del caso. Il giudice proprio su questo ha ragionato. Il «falso» era talmente clamoroso da non poter essere credibile, e in più i documenti erano comunque validi.

Anche con il «5» cambiato in «6». Ops, ora la data della signora si fa più individuabile. Vabbé, sì, ha tra i 49 e i 58 anni. Non dieci di meno. Ma soprattutto è innocente. Anche se non è scritto sul codice che a una signora l’età non si chiede mai.

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