Il fattore X della Juventus incomincia a essere un problema serio. Non c'entrano gli arbitri, sui quali si potrebbe e si dovrebbe fare un discorso generale sulla qualità di un settore che a forza di normalizzare ha prodotto una categoria xerox, tutta uguale e anonima, senza personalità e piena di paure, risultato di una sovraesposizione astuta e politica di chi l'ha gestita in passato. Le esternazioni di Conte, nel dopo partita di Parma, non servono a nulla, anzi mostrano i fili scoperti dell'allenatore e della squadra. I favori ottenuti in alcune gare sono stati bilanciati da alcune decisioni contrarie nelle ultime partite, a ribadire la modestia di chi dirige. Il peso di una classifica insperata e imprevista sta caricando eccessivamente i bianconeri il cui gioco presenta fasi di grandissima intensità e qualità ma nella zona risolutiva smaschera limiti preoccupanti, soprattutto quando incontra avversari di cifra tecnica inferiore, dunque prudenti e coperti. Quando gli attaccanti non vanno in gol (Quagliarella-Borriello-Del Piero-Vucinic, quattro reti in tutto!) si dovrebbero trovare soluzioni alternative, lo sono state Marchisio e Giaccherini ma quello che manca alla Juventus è un uomo che sappia risolvere le situazioni critiche, insomma il campione, detto oggi, da qualche dirigente, "top player" (mi viene da ridere per la definizione e per il ruolo del dicitore), campione che da sempre ha fatto parte della storia bianconera, da Sivori a Platini, da Baggio a Del Piero a Zidane. Per individuare un calciatore di questa categoria occorrerebbero una esperienza e una competenza internazionale, un fiuto da grande club ma è inutile infierire. La Juventus del dopo Calciopoli ha perso tempo e uomini, ma oggi si ritrova con una squadra che sta lottando per una classifica dignitosa, anzi prestigiosa.
Conte sa benissimo di non avere tra le mani un gruppo di campioni, come invece può dire Allegri e potrebbe sostenere Ranieri. Conte sa che gli errori degli arbitri sono un alibi da consegnare alla stampa e ai tifosi, ma lasci ad altri questi strilli che sono boomerang pericolosi. La Juventus da qualche partita va in campo pensando troppo a vincere subito, forse perché conosce i propri limiti, nervosi e tecnici, non tattici. Se l'allenatore, che rimane un uomo solo al comando, riuscirà a disciplinare le proprie emozioni e tensioni, operando anche scelte più coraggiose (Vucinic è costato quindici milioni ma le sue prestazioni sono indisponenti, di Borriello si deve ancora capire se debba fare la riserva a prescindere, dunque rivivendo la situazione romanista, mentre Lichtsteiner sta giocando sui nervi, smarrendo la lucidità necessaria), se, dunque, Conte vorrà intervenire, la sua Juventus riprenderà il cammino comunque strepitoso. Ma alla Juventus parlano in tanti, forse in troppi. Allo sfogo dell'allenatore si sono aggiunte le parole di Pirlo, subito dopo la partita di Parma, ieri quelle di Pavel Nedved nelle vesti di Oscar Luigi Scalfaro («Noi ci mettiamo la faccia e non abbiamo mai avuto risposte: allora io non ci sto!») e, fiocco sulla torta di panna acida, anche una nota della società, poche righe, anche inutili, nelle quali «si augura che la parità di trattamento venga applicata sempre in conformità con le regole del giuoco del calcio e della giustizia sportiva e ordinaria». A volte il silenzio è più utile ed intelligente di un linguaggio burocratico e ambiguo.
Parla il campo e Conte dovrebbe saperlo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.