Cronache

La signorina Julie che viene dal freddo

Dario Vassallo

Folgorato sulla via di Reykjavik in un viaggio islandese di alcuni anni fa, Sergio Maifredi si è innamorato del teatro del nord Europa e non l’ha mollato più, mettendo in scena - in rapida sequenza - prima due copioni assolutamente inediti alle nostre latitudini («Io sono il maestro» di Hrafnhildur Hagalin, e «Io mi chiamo Isbjorg, io sono un leone» di Havar Sigurionsson, per entrambi una nomination al premio Ubu come migliori testi stranieri) e quindi uno spettacolo tratto da un film di Ingmar Bergman, «Alle soglie della vita». Una passione che lo ha addirittura condotto l’estate scorsa ad andare a trovare il grande regista svedese nella sua isola di Faroer, arrivando di sorpresa e vivendo a sua volta sulla propria pelle la sorpresa di essere ricevuto da questa immensa icona del cinema mondiale, «non un monumento ma piuttosto una persona lucida e pungente, assolutamente come te la immagini vedendo i suoi film e leggendo i suoi libri».
Tutto questo per dire come in fondo il confronto con un altro grande del teatro nordico come August Strinberg, per il vicedirettore del Teatro della Tosse fosse inevitabile, dal momento che l’autore di «Danza di Morte» si può considerare il paradigma dei tanti giovani drammaturghi scandinavi che si stanno imponendo sulla scena mondiale.
Di Strinberg, Maifredi ha scelto uno dei testi più noti, «La signorina Julie» (nella sala Agorà da lunedì prossimo al 20 febbraio), proponendolo però con il titolo originale, non solo un vezzo: «Ho preferito ’Froken Julie’ - dice - perché il termine norvegese fa riferimento anche ad un discorso nobiliare, dal momento che la protagonista è una contessina, che altrimenti si perde nella traduzione italiana».
Il copione, come è noto, ruota intorno ai riti della festa pagana di mezza estate, o Midsommer, che gli svedesi hanno da tempo concretizzato nella calendarizzazione cristiana del 24 giugno, dedicato al culto di S. Giovanni, guarda caso patrono di Genova. E lo spettacolo prenderà il via proprio da una festa, che avrà come cornice la piazza di S. Agostino antistante il teatro. Poi il pubblico sarà accompagnato nell’Agorà e una volta entrati gli spettatori siederanno su panche che circoscrivono uno spazio esagonale, una sorta di tatami (la scenografia è di Emanuele Conte) che diventa il ring dentro il quale si dipana il tragico rapporto tra Julie e il domestico Jean, una relazione servo-padrone che riflette nello stesso tempo lotta di classe e lotta di sessi, scatenando un crudele gioco di provocazione, prevaricazione e sopraffazione. Una vicenda che Maifredi, memore anche in questo caso della lezione bergmaniana, apre al sogno, lasciando per strada il naturalismo nel quale generalmente viene circoscritto il teatro di Strindberg.

«Froken Julie», che si avvarrà di musiche dal vivo suonate dagli «Aparecidos», rappresenta anche, per i giovani che stanno partecipando al laboratorio «SpettAttori» organizzato dalla Tosse, l’ulteriore occasione - dopo «Uno studio per Tramelogedia» - di partecipare direttamente, come comparse, alla realizzazione di uno spettacolo.

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