Tra Silvio e Veronica l’accordo è a rischio: separazione in salita

MilanoSembrava fatta. E invece all’improvviso l’accordo tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario che doveva sancire la fine del matrimonio celebrato il 15 dicembre 1990 (a Palazzo Marino, officiante il sindaco Paolo Pillitteri, testimone Bettino Craxi: per dire quanto tempo è passato) si è fatto più difficile. Al punto che al sesto piano del Palazzo di giustizia milanese si sussurra ormai una parola: rottura. Fine delle trattative. È uno scenario che viene evocato senza alcuna soddisfazione, anzi. Trovarsi a dover decidere per via giudiziaria i termini (monetari, ma non solo) della separazione del presidente del Consiglio dalla madre dei suoi figli è una rogna di cui Gloria Servetti, presidente della Nona sezione civile, avrebbe fatto volentieri a meno.
Ma il rischio ormai è questo: che il fascicolo Berlusconi-Lario cambi bruscamente scaffale. Dal ripiano riservato alle separazioni consensuali, quelle dove il giudice si limita a ratificare gli accordi raggiunti tra i coniugi, la causa si sposterebbe allo scaffale delle separazioni giudiziali. A quel punto, come si può intuire, tutto si complicherebbe. I tempi si allungherebbero. E il clima si farebbe inevitabilmente più pesante.
Impossibile scucire qualche dettaglio sui motivi che hanno allontanato la firma. L’intera pratica, d’altronde, è stata seguita dal giudice Servetti con ogni cura per la privacy degli illustri separandi: fascicolo custodito in cassaforte, incontri tra le parti lontano (almeno nelle intenzioni) dagli sguardi dei cronisti, nessuna dichiarazione. Ieri, la porta del giudice Servetti è rimasta chiusa a doppia mandata. Uno scarno cartello annunciava che tutte le cause fissate per la mattinata davanti alla dottoressa Servetti saranno trattate da un’altra collega. E riserbo fitto si sono imposti fin dall’inizio i legali dei coniugi: Ippolita Ghedini, sorella di Niccolò, che assiste Berlusconi; e Maria Cristina Morelli, avvocato di Veronica.
Dalla cortina di silenzio, nelle settimane scorse, erano trapelati gli scarni dettagli di un’intesa che sembrava avvicinarsi. Le posizioni dei due, inizialmente assai distanti, si erano ammorbidite strada facendo. Veronica, che era partita - secondo un articolo del Corriere della Sera - dalla richiesta monstre di un assegno mensile da tre milioni di euro, aveva ridotto sostanziosamente le sue ambizioni. L’11 maggio scorso un dettagliato articolo di Repubblica dava per siglata una bozza d’accordo che prevedeva un assegno mensile di «solo» 300mila euro, oltre all’usufrutto a vita della villa di Macherio, che sarebbe rimasta però di proprietà del Cavaliere. La ratifica, aggiungeva il quotidiano romano, era questione di giorni.
Ma i giorni sono passati. Le settimane anche. E ora, a un mese e dieci giorni dall’ultimo faccia a faccia tra Silvio e Veronica (avvenuto l’8 maggio nell’ufficio del presidente del tribunale Livia Pomodoro) è inevitabile prendere atto che di ratifica ancora non si parla: come se, al momento di mettere nero su bianco le intese raggiunte a voce, fossero emersi scogli insormontabili.

Di dettagli da sistemare, d’altronde, ce n’erano tanti: oltre alla casa e agli alimenti, come in tutte le separazioni, qui si parla anche della destinazione di un patrimonio molto rilevante e del futuro dei tre figli della coppia, i cui spazi di inserimento nell’universo Fininvest erano stati inseriti da Veronica tra gli elementi della complessa trattativa.

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