Pochi mesi fa ebbero uno scontro devastante. Ora presentano i loro due partiti uniti in una lista unica alle elezioni. Entrambi in pochissimi giorni hanno perso la loro madre ed entrambi sperimentano il peso di un lutto devastante, per quanto possa essere previsto e rientri nell’ordine naturale delle cose. Il sospetto che questi eventi politici e personali siano collegati fra loro è troppo forte per non suggerire una interpretazione realistica e che, in accordo con il titolo di un famoso romanzo di Graham Greene, «The Human Factor», il fattore umano, riguarda proprio la grande e definitiva novità del nostro nuovo secolo, dopo quello delle ideologie che finiscono in «ismo» e cioè la prevalenza del fattore umano, dei sentimenti, della capacità di comunicare, di farsi capire ed essere capiti, di agire e reagire in modo che molti avvertano con te quel che tu avverti.
Nel caso che abbiamo di fronte appare assolutamente impossibile che qualcosa di importante non sia accaduto nella sfera delle emozioni dei due uomini politici Berlusconi e Fini che non abbia influenzato e anzi determinato azioni che riguardano la politica. Io ho partecipato a tutte le riunioni in cui i partiti della ex Casa delle libertà hanno tentato stentatamente di mettersi d’accordo per un partito unico, o comune.
Quelle lunghe riunioni a Piazza Colonna a Roma sono state degli inutili esercizi: sinceri, ma sterili. Oggi ci troviamo di fronte al fatto nuovo di estrema importanza e tutti gli elettori del centro-destra, a giudicare dalle migliaia di messaggi che leggiamo, ne sembrano entusiasti. È evidente che sull’esito politico finale ha influito la corsa degli eventi, la prospettiva delle elezioni a breve, tutte le questioni che possiamo definire razionali. Ma Fini e Berlusconi hanno avuto momenti personali molto aspri e difficili poche settimane prima, quando sembrava che Forza Italia e Alleanza nazionale dovessero prendere sentieri divergenti con conseguenze distruttive.
Quelle asprezze avevano avuto radici umane, personali, umorali, oltre che politiche. Berlusconi ha giurato a se stesso, se tornasse a Palazzo Chigi, di non sottostare mai più ai freni e ai ricatti di partiti o di esponenti di partito e ha compiuto gesti e pronunciato parole molto forti. Fini aveva replicato con parole altrettanto se non ancora più forti. Poi le due madri hanno imboccato un cammino senza ritorno, quello dell’addio, del rimpianto, del dolore e della memoria. A me è capitato un anno fa e come tutti posso testimoniare quanto sia potente e dominante il colpo di barra che la morte della madre impone agli uomini e intendo proprio gli uomini maschi, perché la morte della madre vissuta dalle donne è identica per dolore, ma ha una diversa influenza che non mi azzardo a descrivere proprio perché sono un uomo. Berlusconi e Fini hanno seguito quel cammino, quel dolore e hanno dovuto fronteggiare uno scenario interno, oltre a quello solito del mondo esterno e della politica. Io non so nulla di quel che possono essersi detti, di che cosa e come e quando abbiano patito insieme, sum-patire, il provare insieme e nello stesso tempo.
Ma abbiamo di fronte il risultato degli eventi interni, dell’anima, e di quelli esterni, della politica. E senza abbandonarci a speculazioni e fantasie, possiamo dire che è avvenuto un evento straordinario, politicamente un miracolo: un dolore e una prova dell’animo hanno interferito se non guidato le scelte pratiche, o comunque non ne sono stati estranei. C’era l’epoca dei re, che facevano politica e insanguinavano il mondo, secondo quel che dettava loro l’età e gli ormoni: Francesco primo di Francia e il giovane Enrico ottavo dei Tudor, coevi e ventenni, sparsero sangue e mutarono lo stato del loro mondo seguendo più l’istinto che i maîtres-à-penser della loro epoca, fra cui Thomas More (che ci lasciò la testa) e Niccolò Machiavelli.
Poi è venuta l’epoca dei dittatori sanguinari e visionari come Oliver Cromwell e più tardi Robespierre e più tardi ancora Lenin e infine lo schiacciamento dell’umanità attraverso la perversa applicazione della filosofia, specialmente hegeliana, alla politica con tutti i suoi «ismi», socialismi, fascismi, comunismi, nazismi. Quel mondo è ancora vivo e ci tormenta nella sua agonia. Ma dalle democrazie liberali americana prima di tutto, e poi inglese e anche francese, è emersa l’importanza determinante del fattore umano, della personalità e del fascino del leader, nonché delle sue vicende personali, gli amori di Sarkozy oggi e di Kennedy ieri, ma anche la vita, la morte, inclusa la morte della madre, come nel caso delle mamme dei due uomini politici italiani.
Paolo Guzzanti
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