RomaDopo Giorgio Napolitano tocca a Gianfranco Fini. Con ununica differenza, visto che mercoledì gli strali di Silvio Berlusconi contro il Quirinale non si erano limitati a restare tra le mura di Palazzo Grazioli, con il Cavaliere che li aveva ripetuti - di molto edulcorati - davanti a telecamere e microfoni unora dopo la bocciatura del Lodo Alfano. Una scelta ragionata e per nulla istintiva se, passata la nottata, il premier decide di ribadire per filo e per segno il suo ragionamento sul capo dello Stato nella convinzione che ci sia stato un vero e proprio «cortocircuito» tra lottimismo manifestato per settimane dal Colle e una sentenza che più negativa non poteva essere. Perché, è il ragionamento di Berlusconi, «non sono più lultimo arrivato» come ai tempi di Scalfaro e «sono stato seduto troppo a lungo su questa sedia per non sapere come funziona il mondo e la politica italiana al di là delle false ipocrisie istituzionali».
Archiviata la polemica con il Colle, però, il Cavaliere si trova immediatamente a dover arginare un altro fronte visto che a metà mattina arriva la decisa presa di posizione di Fini a favore di Napolitano e della Consulta. Berlusconi, dice lex leader di An, «non può fare venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il capo dello Stato». Apriti cielo. Neanche la premessa su «lincontestabile diritto politico di Berlusconi a governare conferitogli dagli elettori» riesce a placare lirritazione del premier. Perché - ripete più duna volta in privato nel corso della giornata - Fini sta perdendo il senso della misura. Insomma, «bisogna saper capire quando non è il momento di distinguersi...». Un fastidio che si ritrova tutto nelle parole del ministro Sandro Bondi. «Fini è incapace di comprendere la sostanza dei problemi storici e politici. Le posizioni freddamente istituzionali - dice - a contatto con una realtà incandescente rischiano di tradire una forte assunzione di responsabilità non solo dal punto di vista politico ma ancor più istituzionale».
Mentre sale la tensione con Fini, però, il lavoro dei pontieri sul Quirinale inizia a sortire qualche piccolo risultato. Al momento solo segnali quasi impercettibili, ma rispetto al gelo di mercoledì comunque un passo avanti. Perché è vero che Napolitano convoca sul Colle il presidente del Senato Renato Schifani e quello della Camera Fini chiedendogli una presa di posizione congiunta e formale a difesa della Costituzione. Ed è altrettanto vero che il capo dello Stato non nasconde il disappunto per gli affondi del premier. Ma nei quaranta minuti che Schifani e Fini passano a ritoccare fino alle virgole il comunicato congiunto qualche piccolo compromesso si raggiunge. «I presidenti del Senato e della Camera - si legge nella nota - hanno dato atto al presidente della Repubblica del suo rigoroso rispetto delle prerogative che la Costituzione gli riconosce; hanno espresso lauspicio che tutti gli organismi istituzionali e di garanzia agiscano, in aderenza al dettato costituzionale e alla volontà del corpo elettorale, per determinare un clima di leale e reciproca collaborazione nellinteresse esclusivo della nazione». Una netta presa di posizione a favore del Colle, per molti versi anche scontata visto che arriva dai presidenti dei due rami del Parlamento. Ma anche un chiaro riferimento alla necessità che sia rispettato non solo il «dettato costituzionale» ma anche «la volontà del corpo elettorale». Un concetto su cui in mattinata si era già soffermato Schifani durante lintervento a un convegno organizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà. «Lunica sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione: altri mezzi - aveva detto il presidente del Senato fuori dai vincoli di un comunicato ufficiale - assomigliano a espedienti di chi vuole aggirare il consenso popolare attraverso pratiche estranee alla sana politica».
Daltra parte, è proprio quello della legittimazione popolare un argomento su cui insiste molto il Cavaliere in queste ore. Tanto che nellufficio di presidenza del Pdl Berlusconi non manca di sottolineare come il presidente del Consiglio sia lunica delle alte cariche istituzionali «eletta dal popolo».
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