Silvio raduna la squadra: basta con gli autogol ora vinciamo le elezioni

RomaDella serie «Non facciamoci del male». Berlusconi, il giorno dopo la grande tensione con il ministro Tremonti e la relativa tregua, chiede a tutti un passo indietro: basta polemiche interne soprattutto alla vigilia delle elezioni amministrative. «Dobbiamo restare uniti e tutto il partito deve remare nella stessa direzione», avrebbe chiesto a più di un parlamentare sentito al telefono. Il premier è seccato delle continue fibrillazioni interne della maggioranza e ripete ai suoi: così diamo un’immagine deleteria e rischiamo di fare il gioco degli avversari. Un errore madornale soprattutto perché i sondaggi della Ghisleri, che Berlusconi ha sul tavolo da qualche giorno, permettono di essere ottimisti ma non tanto da dormire sonni tranquilli. Il premier vorrebbe che tutta la squadra lo seguisse in quella che ritiene essere la battaglia decisiva e invece nota che troppo spesso vengono enfatizzati malumori, mal di pancia, invidie reciproche e doglianze. Ministri contro ministri, cordate parlamentari contro colleghi di partito, gelosie e sgambetti: la misura è colma. Il problema è che il Cavaliere, al cospetto di tutti coloro che sfilano a palazzo Grazioli per sottoporgli reclami e lagnanze, annuisce. Comprende le criticità; le ascolta e le assimila. Un atteggiamento che viene solitamente letto da chi le solleva come totale sostegno. Da qui l’immagine di un partito come una squadra di calcio i cui giocatori giocano in proprio se non, addirittura, che tirino nella propria porta.
Ecco perché, già da ieri l’altro, l’ordine è stato quello di non alimentare polemiche, di non utilizzare i giornali per controbattere alle critiche che i pidiellini si scambiano in un masochistico ping pong. «Qui si devono dare tutti una calmata», ha sintetizzato bene il pensiero del premier, il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri. «In campagna elettorale sarebbe bene ridurre al massimo le possibilità di divergenze», gli ha fatto eco il ministro Meloni. E il capogruppo alla Camera Cicchitto: «Occorre il massimo di solidarietà politica all’interno del Pdl e della maggioranza per sostenere il governo e per una nuova fase di politica istituzionale e di politica economica e sociale».
Insomma, bando allo sfogatoio continuo e la parola d’ordine sia «toni bassi». Già ieri lo era, per la verità. Tanto che per sedare l’ira funesta di Tremonti, impallinato dal ministro Galan, il Cavaliere ha indossato i panni del diplomatico. Troppo rischioso agitare la brace che cova nel camino del Pdl: il pericolo sarebbe un bel falò in grado di bruciare l’alleanza con la Lega e in ultima analisi la vita stessa del governo. E non è un mistero che dalle parti del Carroccio sia mal vista qualsiasi critica nei confronti del ministro dell’Economia. «Tremonti non si tocca, attenti a non fare harakiri, ora è il momento di finirla con questo spettacolo di confusione interna e con i personalismi, bisogna concentrarsi sulle amministrative», è il messaggio dei leghisti.
La pratica ministro dell’Economia viene così archiviata - o messa in freezer - almeno fino a dopo le amministrative. Lo dimostra il fatto che ieri le agenzie di stampa battevano un diluvio di attestati di stima e riconoscenza nei confronti di chi ha saputo tenere i conti in ordine in un momento di tempesta. Il ministro Gelmini, per esempio, ha limato un messaggio-inno al «tutti per uno, uno per tutti»: «Fin dall’inizio di questa legislatura Silvio Berlusconi, il ministro Tremonti e tutto il governo hanno avuto la piena consapevolezza che il problema principale del nostro Paese è l’eccesso di spesa pubblica. Per questo il governo ha deciso di riformare, ad esempio, scuola e università, anche a rischio dell’impopolarità presso chi non vuole cambiare nulla e mantenere dunque sprechi e privilegi. Il ministro Tremonti ha il merito di aver tenuto in sicurezza i conti pubblici».


Certo, non sono mancati i messaggi di richiesta al titolare di via XX Settembre - più o meno tra le righe - di aprire il «file» relativo alla riforma fiscale. Un obiettivo di lungo periodo, da giocarsi per le prossime elezioni politiche del 2013.

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