Simeoni: sugli Lsu la Regione ha le idee confuse

Antonella Aldrighetti

Uno schiocco di dita ed ecco che la questione occupazionale dei lavoratori socialmente utili, circa 4mila secondo le stime regionali, sarebbe risolta. Sarebbe, appunto. Perché a monte della proposta di delibera per sanare le posizioni di precariato, promossa dall’assessore alle Politiche del lavoro Alessandra Tibaldi, che tra qualche giorno approderà in giunta per l’approvazione, emergerebbero parecchie incongruenze in merito all’applicabilità del provvedimento.
A sentire la Tibaldi si riuscirebbero a collocare gli Lsu applicando la riserva del 40 per cento prevista dal Programma operativo regionale, per favorire così l’assunzione diretta presso le Asl e gli enti dipendenti o collegati alla regione. In questo modo sarebbe l’ente locale ad accollarsi una parte degli oneri finanziari da versare per gli stipendi. E, come si legge nel provvedimento per le misure di stabilizzazione, «l’incentivo economico regionale all’assunzione è riconosciuto in 12mila euro».
Facile a dirsi, difficile ad attuarsi. Ma perché un’iniziativa tanto meritevole che permetterebbe l’abbattimento di una quota di precariato standardizzato sarebbe troppo ardita? «La materia delle politiche attive del lavoro è estremamente complessa e articolata e richiede, pertanto, dei tempi di apprendimento piuttosto lunghi - specifica Giorgio Simeoni (Fi), ex assessore alla Formazione e lavoro nella giunta Storace -. Mi sembra invece che Alessandra Tibaldi sia un po’ confusa rispetto alle modalità di funzionamento della riserva dei posti a favore degli Lsu e del rapporto giuridico-istituzionale che intercorre tra la Regione e gli enti che dovrebbero utilizzarli. I lavoratori dovrebbero prima accostarsi a corsi di formazione, in relazione ai profili professionali richiesti e solo dopo potrebbero essere reinseriti. Non è detto che le necessità delle aziende vadano proprio in questa direzione».
Quanto alla quota d’inserimento, la cosiddetta riserva del 40 per cento menzionata in delibera, per invogliare le aziende sanitarie e gli enti pubblici all’assunzione, Simeoni aggiunge: «Quella normativa è scaduta da un pezzo, mentre per quanto ci era stato concesso in precedenza dal governo, è stato già formalmente applicato». Dall’accordo che l’ex giunta di centrodestra aveva siglato con il ministero del Lavoro è scaturito l’abbattimento del precariato (ereditato dalla giunta Badaloni già nel 2000) dalle 12.500 unità a quelle attuali. Che a sentire l’esponente di Forza Italia sarebbero poco più di 3mila. Queste ultime risorse erano state peraltro già destinate ad assicurare lo start up di società per azioni, quali Valle dell’Aniene servizi e Frosinone Multiservizi, ed altre tra Viterbo e Colleferro. Per le quali è già stata avviata la relativa procedura di costituzione. Curioso ad ammettersi, ma la critica che l’ex assessore di Francesco Storace fa all’odierna neo-titolare del Lavoro regionale suona come un invito, piuttosto puntuale, a non infondere in quanti attendono fiduciosi un inserimento occupazionale definitivo l’illusione di una stabilizzazione. «Perché, in pratica, leggendo la bozza di delibera si scorge che starà alla società Proteo definire le pre-selezioni degli Lsu idonei per l’ingaggio, ma solo quando verrà presentata una richiesta formale da parte degli enti collegati alla regione, mentre - precisa Simeoni - non si evince e non si può evincere l’imposizione ad assumere personale e pure di regolarizzarlo.

La regione può solo promuovere un progetto non imporlo: se un’azienda ha necessità di tecnici specializzati non può assumere generici».
A questo punto ci dovremmo attendere solo che un provvedimento siffatto passi dall’essere puramente demagogico a effettivamente realizzabile. Leggi vigenti alla mano.

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