Antonio Signorini
da Roma
A un giorno dalla contestazione delle tute blu di Mirafiori, sindacati e politica si dividono su diagnosi, terapia e prognosi. I segretari generali delle tre principali confederazioni sindacali, hanno dato un peso diverso alle contestazioni operaie che hanno rovinato il ritorno negli stabilimenti torinesi della Fiat dopo 26 anni di assenza. Cgil e Cisl hanno minimizzato mentre la Uil ha rilanciato l’idea di uno sciopero di due ore contro la legge Finanziaria. Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha affidato la sua tesi all’Unità e, un’intervista, ha assicurato che quella di Torino è stata una «bellissima assemblea, vera e senza filtri» e che «qualche fischio è il sale della democrazia». Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha ricostruito la festa rovinata come la protesta di «una piccola minoranza rumorosa e un po’ qualunquista» che ha dato luogo a una «bolla massmediatica». Angeletti non è tornato sull’argomento, ma nel suo sindacato c’è chi ricorda che se le assemblee per illustrare la finanziaria ci sono state è stato solo merito della Uilm, la federazione dei metalmeccanici Uil che aveva proposto anche uno sciopero contro la manovra. Un’idea alla quale il segretario generale della Uilm Antonino Regazzi non ha rinunciato del tutto. All’assemblea con i lavoratori della Fiat, Regazzi aveva ricordato che la proposta di uno sciopero di due ore è stata bocciata dalla Fiom e dalla Fim. Ma oggi, assicura, «anche alla luce di quanto è successo sono convinto si possa fare. La manovra non è stata ancora approvata e sarebbe importante». Tra l’altro, la Uilm, ha già dato vita a scioperi contro la finanziaria a livello locale. E alcuni, come quello di Treviso, hanno avuto successo. Difficilmente la proposta di Regazzi sarà accolta. I leader sindacali puntano a far «sgonfiare» la bolla della protesta e spiegano le contestazioni come normali dinamiche da assemblea. Ma il 7 dicembre è destinato a pesare nelle fasi successive della trattativa con il governo, in particolare su pensioni e Tfr, e nel confronto con Confindustria per quanto riguarda orari di lavoro e rinnovi contrattuali. E rende sempre meno probabile una «fase due» del governo in direzione riformista.
Anche perché il grido di protesta di Mirafiori ha subito trovato orecchie attente tra i radicali della maggioranza. A rompere il silenzio è stato l’esponente del nuovo correntone Cesare Salvi secondo il quale «la voce della classe operaia deve essere assolutamente ascoltata dal centrosinistra». Perché l’ex ministro del Lavoro, ha il sospetto «che la classe dirigente dell’Ulivo sia un po’ troppo impegnata ad ascoltare banchieri e finanzieri e a dimenticare operai e precari. Vogliamo per caso - si è chiesto Salvi - regalare pezzi importanti di classi lavoratrici alla destra?». Il capogruppo del Pdci alla Camera Pino Sgobio ne ha approfittato per chiedere «una nuova scala mobile» mentre il presidente dei senatori di Rifondazione comunista Giovanni Russo Spena auspica un maggiore coinvolgimento della base da parte dei vertici sindacali.
Il centrodestra ha avuto gioco facile nel dimostrare la fondatezza delle tesi di chi sostiene che la Finanziaria sia svantaggiosa per tutti. «Il trattamento riservato dai lavoratori di Mirafiori ai leader sindacali ridicolizza la tesi del centrosinistra secondo la quale questa è la legge Finanziaria fatta per i redditi più bassi», ha osservato Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia che accusa le confederazioni di essere diventate «una subalterna cinghia di trasmissione di questo governo».
Sindacato in frantumi dopo i fischi di Mirafiori
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