Cronaca locale

Il sindaco, in missione istituzionale a Pechino, critica Ferrante: «Non sarà mica di sinistra un funzionario del governo che ha condiviso con noi il Modello Milano?» «Macché primarie, Fo faccia una lista civica» Albertini parla dei candidati dell’U

«I comunisti si mimetizzano dietro un uomo che con loro non c’entra nulla»

Il sindaco, in missione istituzionale a Pechino, critica Ferrante: «Non sarà mica di sinistra un funzionario del governo che ha condiviso con noi il Modello Milano?» «Macché primarie, Fo faccia una lista civica» Albertini parla dei candidati dell’U

Giannino della Frattina

nostro inviato a Pechino

Bruno Ferrante è lento, anzi lentissimo. Dario Fo è rock, magari proprio in coppia con Adriano Celentano. Gabriele Albertini prosegue la sua visita istituzionale in Cina, di cui confessa vorrebbe diventare il referente nell'Unione europea magari presiedendo l'apposita commissione, ma non dimentica Milano e la campagna elettorale che porterà a eleggere il suo successore. Lo confessa davanti al ministro degli Esteri cinese, incontrato grazie alla diplomazia di Palazzo Marino guidata dal responsabile delle Relazioni internazionali Andrea Vento. «Appuntamento di prestigio e testimonianza di un'attenzione non comune riservata a Milano», assicura l'ambasciatore Gabriele Menegatti. Li Zhaoxing è una singolare figura di gerarca dotato di insolita ironia. Milano, assicura, in ideogrammi cinesi sarebbe Mi Lano, «ricchezza e bellezza». «Nessuna città cinese - sorride - ha un nome così bello». Poi scherza col cameraman. «Bella telecamera. Bravi, fatta in Italia?». No, in Giappone. «Ah». E il sorriso si smorza.
Dario Fo dunque. «Un'operazione della sinistra - attacca Albertini - per prendere il potere. Che c'entra lui, un prefetto, con loro? Fo sì che è uno di sinistra». E allora? «Ma faccia una lista civica a suo nome e si candidi a diventare sindaco. Macché primarie, lui è un premio Nobel, mica un prefetto come ce ne sono tanti. Deve pesarsi con la storia, non si può mettere in coda. È un suo dovere, ancor prima che un suo diritto. E allora si faccia avanti, magari insieme con Celentano visto che hanno tante belle idee sul futuro di Milano. Hanno tanti ammiratori, facciano una bella lista degli attori. Se devo scegliere il candidato più di sinistra della sinistra è chiaro che scelgo lui. Magari andrò anche a votarlo alle primarie». E la bordata è pronta anche per Ferrante, ormai diventato mister Ikea. «Non sarà mica di sinistra un prefetto che ha condiviso con noi il “Modello Milano”? Certo se diventerà sindaco potrà fare tanti tavoli, ma non si alzerà da nessuno con una decisione presa». Nessun rischio di appeal sugli elettori del centrodestra? «Mica hanno l'anello al naso. Troppo evidente il piano della sinistra che si mimetizza facendosi rappresentare da un uomo che con lei non c'entra nulla. L'hanno fatto con Romano Prodi, Walter Veltroni, Lilli Gruber, Marrazzo, Santoro. Tutti personaggi non certo doc».
I contrasti nel centrosinistra, invece, già al primo test della casa occupata in via Lecco sono per il sindaco un segnale premonitore. «Le contrapposizioni non sono una novità. C'è una sinistra fondamentalista ed estremista difficilmente riconducibile all'interno di un programma di governo che si ispiri al rispetto delle regole e della legalità. Si è già visto a Bologna, un bell'esempio di disunione. E, non succederà, ma se vinceranno si vedrà anche a Milano. Non riescono a governare nemmeno la loro campagna elettorale, figurarsi Milano». Pollice verso anche sull'ipotesi di voto agli immigrati. «Chi chiede di farli votare alle primarie fa solo un operazione propagandistica. Per votare un modo c'è, basta diventare cittadini italiani. E così impegnarsi a rispettare le regole, prima di acquisire dei diritti. Semplicissimo». Come semplicissima, assicura Albertini, è l'arte dell'amministrare. «Lo diceva Clemenceau.

Basta rendere la vita difficile a chi non rispetta le leggi e facile a chi le rispetta».

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