Beirut - Svolta nella crisi in Libano, dopo una giornata di scontri, nuove sparatorie e morti, segnata dall'appello in diretta Tv del presidente Siniora che ha chiesto all'esercito di intervenire, Hezbollah ha annunciato che rimuoverà la presenza armata dalle strade di Beirut e consegnerà la città all'esercito, ma continuerà la disobbedienza civile fino a quando non saranno accolte le sue richieste, ha reso noto poco fa l'emittente Tv al Manar del movimento sciita Hezbollah.
Giornata di scontri Almeno nove persone sono rimaste uccise nelle ultime ore in due diversi scontri a fuoco a est e a sud di Beirut tra miliziani dell'opposizione guidata dal movimento sciita filoiraniano Hezbollah e sostenitori della maggioranza filogovernativa. Lo ha riferito stamattina la tv panaraba al-Jazira. L'emittente ha precisato che sette persone sarebbero morte in scontri avvenuti stamani all'alba ad Aley, circa 20 km a est della capitale, tra milizie sciite di Hezbollah e seguaci del Partito socialista progressista (Psp) guidato dal leader druso filogovernativo.
Altri combattimenti si sono registrati nella notte a Sidone (40 km a sud di Beirut), dove due persone sarebbero rimaste uccise, e nel porto settentrionale di Tripoli (90 km a nord della capitale), dove seguaci dell'opposizione guidata da Hezbollah si sono scontrati con attivisti della maggioranza, sostenuta dagli Stati Uniti e dall'Arabia Saudita. Se questo bilancio dovesse esser confermato, salirebbe a 20 il numero totale delle persone uccise dall'inizio degli scontri, due giorni fa. A Beirut la zona occidentale della città, teatro ieri notte di una violenta battaglia tra Hezbollah e i sunniti del partito governativo al-Mustaqbal, è ora massicciamente presidiata dall'esercito, mentre dalle strade sono quasi scomparsi i miliziani sciiti che fino a ieri pattugliavano le vie di Beirut ovest. I militari dell'esercito libanese, che non ha in alcun modo cercato di impedire l'azione del movimento sciita sostenuto da Siria e Iran, hanno stabilito posti di blocco a Beirut e dintorni, dove la notte scorsa ci sono stati sporadici scontri.
Siniora: il Libano non cadrà in mano ai golpisti Il premier libanese Fuad Siniora ha detto oggi ai libanesi che il Paese non cadrà "nelle mani dei golpisti". "Pensavamo che il pericolo vennisse da Israele, ma il nostro Stato e il nostro sistema democratico è finito sotto il pugno di coloro che sanno solo attuare un colpo di Stato e l'egemonia", ha detto Siniora nel suo primo intervento pubblico in diretta Tv dall'inizio della crisi che fino ad ora ha causato la morte di almeno 25 persone. "Non accetteremo che Hezbollah e le sue armi rimangano nelle condizioni attuali", "le armi non ci metteranno paura, non torneremo sulle nostre decisioni, anche se utilizzeranno le loro armi più di quanto hanno fatto fino ad ora", ha detto il premier.
"L'esercito non ha fatto il suo dovere" "Ho chiesto al comando dell' esercito di assumersi la sua piena responsabilità per proteggere il libanesi e preservare la pace civile...ho insistito affinché l'esercito facesse fronte ai suoi doveri nazionali, senza esitazioni e ritardi, cosa che invece ancora non ha fatto" , ha aggiunto il presidente. "Ho di nuovo chiesto all'esercito di imporre la sicurezza a tutti e in tutte le regioni del Paese e di costringere gli uomini armati a lasciare le strade immediatamente, e rimuovere il sit-in in corso da un anno e mezzo nel centro di Beirut e riportare la vita alla normalità".
Spari contro un funerale Quattro persone sono state uccise e 12 altre ferite questa mattina nella parte Ovest di Beirut quando miliziani hanno aperto il fuoco su un funerale. Lo ha riferito l'emittente Tv Lbc aggiungendo solo che l'incidente è avvenuto nel quartiere sunnita Tariq al Jedida quando il funerale di un uomo ucciso ieri è stato preso di mira a colpi di armi automatiche da miliziani non meglio identificati.
Incendiata la radio armena L'emittente Radio Armena Sevan, che ha sede a Beirut Ovest da due giorni sotto il controllo dei miliziani Hezbollah, è stata data questa mattina alle fiamme, ha reso noto poco fa la Tv Lbc. L'aggressione alla emittente radio, che diffonde melodie armene, avviene dopo che attivisti sciiti hanno ridotto al silenzio la Tv, una radio e un quotidiano della Corrente al Mustaqbal (il Futuro), guidata dal leader della maggioranza parlamentare Saad Hariri. Gli studi della emittente Tv, che come la formazione politica si chiama al Mustaqbal, sono stati inoltre ieri dati alle fiamme.
Evacuati 15 italiani Una quindicina di italiani sono stati evacuati questa mattina dalla parte Ovest di Beirut sotto controllo dei miliziani Hezbollah, ha reso noto l'ambasciatore d'Italia in Libano affermando che 'tutto si e' svolto bene, come previsto". L'intervento è stato realizzato dai carabinieri del Tuscania utilizzando anche mezzi blindati, in collaborazione con l'esercito libanese, ha detto all'Ansa l'ambasciatore Gabriele Checchia. "Dando seguito alle istruzioni ricevute dal ministro degli esteri Franco Frattini tramite l'Unità di crisi della Farnesina, l'ambasciata ha provveduto a raccogliere i connazionali che ne avevano fatto richiesta e a portarli fuori dai quartieri dove si sono verificati gli scontri", ha detto l'ambasciatore. Ora si trovano in ambasciata, ha detto ancora Checchia precisando che tra di essi c'é anche una bimba di quattro anni e che in questo momento si sta provvedendo ad individuare le loro esigenze per fornire loro l'assistenza necessaria.
Un corteo sfida le milizie Hezbollah In una Beirut ovest semideserta e pattugliata dall'esercito libanese e dalle milizie sciite filoiraniane di Hezbollah, almeno settecento "cittadini di tutte le confessioni" hanno sfidato le intimidazioni del Partito di Dio e hanno manifestato per difendere "la libertà di stampa", di fronte alla sede della tv filogovernativa al-Mustaqbal presa d'assalto ieri dalle bande sciite che hanno imposto l'interruzione delle trasmissioni. "Tecnicamente, abbiamo la possibilità di tornare a trasmettere in ogni momento", ha detto Roland Barbar, produttore esecutivo dei programmi politici di al-Mustaqbal dell'omonimo partito della coalizione governativa, che ha però aggiunto: "Ma di fatto siamo prigionieri perché riceviamo minacce fortissime da parte di Hezbollah".
Barbar era tra le centinaia di persone che stamani hanno sfilato dal centro di Beirut fino all'inizio della via Hamra, nella parte occidentale della capitale, teatro l'altro ieri notte di violenti scontri tra le milizie sciite e i seguaci sunniti di al-Mustaqbal, partito guidato da Saad Hariri leader della maggioranza parlamentare sostenuta da Usa, Ue e Arabia Saudita. In testa al corteo era presente anche il ministro dell'informazione, il druso Ghazi al-Aridi, che oltre a esprimere la propria "solidarietà ai giornalisti e agli operatori di al-Mustaqbal e a tutti i cronisti libanesi minacciati", ha dichiarato: "Questa manifestazione è per ricordare al Paese che non ci piegheremo alla prepotenza delle milizie e che il Libano rimane un paese libero con tutti i media liberi".
Aridi ha parlato accanto a May Chidiyaq, la giornalista libanese antisiriana della tv Lbc, vicina al governo e al partito cristiano delle Forze libanesi, rimasta invalida dopo esser scampata a un attentato nel settembre 2005. In sedia a rotelle, la Chidiyaq è rimasta sempre in testa al corteo. La folla dei manifestanti, molti dei quali hanno marciato con in mano una penna simbolo del giornalismo indipendente, ha superato tre posti di blocco dell'esercito ed è poi arrivato a quello che è era il confine con la 'zona occupata' da Hezbollah. "Libertà, sovranità, indipendenza!", lo slogan della 'primavera di Beirut' del 2005 con cui un milione di libanesi festeggiarono allora il ritiro delle truppe siriane dal Libano, é stato oggi gridato più volte in direzione delle strade deserte di Beirut ovest, dove erano appostati in lontananza i miliziani di Hezbollah.
Ma invece di urlare, come tre anni fa, "Via, via! Siria vai via!", i dimostranti, sotto gli sguardi stupiti e intimiditi dei soldati libanesi frapposti tra loro e le barricate di Hezbollah, hanno scandito: "Via, via! Hezbollah vai via!". Il serpentone di manifestanti ha percorso gli ultimi metri e la folla s'é trovata di fronte a una delle sedi della tv di al-Mustaqbal, ora "protetta" dall'esercito.
Alcuni impiegati dell'emittente hanno salutato i giornalisti gridando: "Fino alla morte difenderemo la famiglia Hariri, fino alla morte!". Qualcuno dalla folla ha risposto: "Non vogliamo altri martiri, vogliamo solo vivere e lavorare in libertà".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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