Roma - Da una parte Romano Prodi che non rivela nemmeno ai suoi ministri i nomi dei senatori che farebbero raggiungere al suo governo quota 158, il minimo per la sopravvivenza. Dall’altro l’opposizione che si mette l’elmetto e va a caccia dei potenziali tansfughi. Ma non ne trova nessuno.
A due giorni dalla crisi del governo l’attività politica continua ad essere assorbita da quello che con un’espressione efficace viene chiamato il mercato delle vacche. A condurlo negli ultimi due giorni, e presumibilmente anche nei prossimi, è stato direttamente Palazzo Chigi e non - come nell’ordinaria attività politica - i partiti di confine tra i due schieramenti. Una partita che il governo dimissionario ha condotto con il massimo del riserbo, fino a quando ieri sono cominciati a filtrare conteggi ottimistici. Rassicurazioni che Prodi avrebbe dato direttamente ai suoi circa una piccola pattuglia di parlamentari che ha garantito il passaggio.
Silenzio assoluto sui nomi. Un modo - hanno pensato i più - per proteggere i transfughi ed evitare una controffensiva. Ed è subito partita la caccia ai papabili. Ancora una volta l’attenzione si è concentrata sui centristi, che dovrebbero essere i più sensibili al messaggio che il premier ha lanciato con il patto dei dodici punti. Si è tornati a fare il nome dell’ex leader dell’Udc Marco Follini. Nel centrosinistra c’è chi ha addirittura sostenuto di averlo sentito personalmente assicurare il suo appoggio al governo. Mentre tra i senatori del centrodestra la maggior parte sostiene il contrario. Un mistero che Follini non ha svelato scegliendo di aumentare la suspense, visto che ha rinviato la sua risposta al dibattito parlamentare. Tramontata sul nascere anche la voce di un nome segreto definito in codice «il Follini coperto», cioè un esponente del centrodestra portato dall’esponente centrista. «Una leggenda metropolitana», hanno ammesso fonti di Rifondazione. «Ma quale Follini coperto, non mi pare ci sia nulla del genere», sbottava il ds Latorre.
Poi si è parlato, con ancora maggiore insistenza rispetto a giovedì, dei due senatori iscritti all’Mpa di Raffaele Lombardo: Giuseppe Saro e Giovanni Pistorio. In particolare di quest’ultimo. Ma a fare prevalere l’idea che il movimento siciliano resti ancorato al centrodestra ci sono, oltre alle smentite dei diretti interessati, la cena di giovedì tra lo stesso Lombardo, i due senatori, l’ex premier Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, coordinatore siciliano del movimento in veste di mediatore. Una riunione servita anche a parlare delle prossime amministrative, quindi non compatibile con un passaggio del movimento a sinistra. I parlamentari dell’Unione hanno poi dato per certo l’appoggio dell’italo-argentino Luigi Pallaro, costringendo il suo portavoce a precisare in serata che il senatore non ha ancora deciso se dare il suo voto a Prodi. Una precisazione che fa scendere il numero di voti certi sui quali può contare Prodi a 156. Non, quindi, i 157 che il centrosinistra ha assicurato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una situazione in bilico. Che è stata seguita passo a passo dai partiti del centrodestra che hanno passato al vaglio tutte le candidature. Ma senza nessun riscontro, tanto che tra i senatori azzurri ieri è cresciuta l’idea di un bluff. O meglio - spiega una fonte - «di un modo per fare pressione sul Quirinale». O un modo per far trovare la presidenza della Repubblica di fronte al fatto compiuto. E cioè a una maggioranza che si regge con il voto dei senatori a vita. Esattamente il contrario di quanto Napolitano ha chiesto al governo.
Senza contare che l’esecutivo dovrebbe comunque contare sui due esponenti della sinistra radicale che lo hanno fatto cadere: Franco Turigliatto (che ancora non ha deciso) e Fernando Rossi. E che le pressioni del governo riguardano anche i senatori a vita, il cui appoggio non è scontato. Quelli certi sono solo quattro: Ciampi, Levi Montalcini, Colombo e Scalfaro.