Sinistra giurassica
24 Aprile 2007 - 09:13Facendo il tifo per Sarkozy non mi ero mai dedicato troppo a Ségolène Royal e soltanto domenica ho seguito questa candidata in vestitino bianco da domenica in campagna per capire che cosa ha da dire, rappresentando l’intera sinistra francese. Risposta: quasi niente. Vaghezze: un pochino di sociale e nulla di socialista
Facendo il tifo per Sarkozy non mi ero mai dedicato troppo a Ségolène Royal e soltanto domenica ho seguito questa candidata in vestitino bianco da domenica in campagna per capire che cosa ha da dire, rappresentando l’intera sinistra francese. Risposta: quasi niente. Vaghezze: un pochino di sociale e nulla di socialista, fa il tifo affinché le aziende producano per render felici anche gli operai. Ma che fine ha fatto il durissimo Partito Comunista Francese che fu di Sartre e dei duri dalla parte dell’Armata Rossa? Del Pcf, ormai, solo tracce, come l’albumina. Lo guida una signora con i capelli a zazzera che dal suo due per cento scarso chiama pateticamente le masse a votare «contro Sarkozy» cioè per Ségolène e il suo vestitino da signorina di provincia. Dove sono gli eredi di Thorez e di Duclos? Sepolti nell’oblio.
Questo accade in Francia, la madre dei lumi, della rivoluzione, e per secoli regina della cultura. Guardiamo ora la sinistra italiana. Una parte tenta di unificarsi lamentandosi e lacrimando come Polifemo accecato da Ulisse. Nell’altra si stringono due partiti comunisti e mezzo (il correntone) per opporsi alla sinistra che ora ha appeso sulla porta la nuova etichetta di Partito democratico, avendo esaurito le vecchie. Orgogliosi e accigliati, i riformisti della Margherita sono altrove. Nella nuova babele delle sinistre, persino Silvio Berlusconi non è più vissuto come il «grand villain» della caccia alle streghe e a Firenze il Cavaliere ricordava il Giusti del «Qui se non fuggo abbraccio un caporale».
La sinistra italiana tutta, radicale o ragionevole, appare dunque confusa e scomponendosi e ricomponendosi senza trovare la strada occidentale e moderna delle altre sinistre europee. Affogata nelle proprie lacrime, non ha saputo emendarsi dal peccato originale e d’orgoglio di essere solo la nuova versione scaricabile via Internet del Partito comunista, che non seppe mai guadare il guado. Non basta infatti proclamarsi riformisti, perché la riva riformista non è più la «rive gauche» della nostalgia, ma la sua negazione drammatica. I comunisti tedeschi hanno a suo tempo rinnegato il passato a Bad Godesberg e oggi i socialdemocratici preferiscono perdere le elezioni piuttosto che accordarsi con Lafontaine, che sarebbe il loro Mussi e non il loro Diliberto. Il panorama europeo parla chiaro: i francesi hanno lasciato estinguere la loro sinistra giurassica di cui conservano qualche patetica testimonianza; la sinistra marxista spagnola dopo la dittatura cambiò pelle per sempre; in Gran Bretagna il Labour Party sindacalista di Harold Wilson dovette piegarsi alla rivoluzione copernicana di Tony Blair: tutti hanno girato pagina seguendo la storia, pagando pedaggi duri. L’Italia è rimasta sola con questa disgrazia delle due sinistre: l’una che si dice riformista ma non sa progettare riforme e l’altra più amica di Al Qaida che degli americani. Ciò spiega perché entrambe non siano in grado di governare un Paese che ha un immediato e drammatico bisogno di modernità liberale, come capiranno se Sarkozy vincerà, facendo mancare alla sinistra italiana l’appoggio che ha goduto attraverso la spregiudicata alleanza con la destra di Chirac.
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