«Con la sinistra al potere libertà commissariata»

Adalberto Signore

nostro inviato a Napoli

«Signori, io sono il Caimano!». Dal palco della Mostra d’Oltremare di Napoli è Silvio Berlusconi a sfatare ogni tabù sull’ultimo film di Nanni Moretti. «Una fiaba», spiega, raccontata da «un ottimo regista italiano che mi ha dato un nuovo soprannome che francamente mi mancava». I quasi 2.500 sostenitori azzurri applaudono, il premier sorride e rincara la dose: «E poi, per dimostrare che è vero, hanno anche aggiunto che quando apro la bocca con la chiostra dei miei 32 denti non si sa mai se è per ridere o per mangiare un comunista». Il pubblico commenta divertito. «Leggetevi il libro nero del comunismo – aggiunge il Cavaliere – e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti i bambini non li mangiavano ma li bollivano per concimare i campi».
Ma la pellicola di Moretti è solo l’ultimo capitolo di un lungo e ripetuto attacco all’Unione e ai suoi principali leader, da Romano Prodi a Piero Fassino passando per Francesco Rutelli. Con una stoccata pure per gli alleati, tiratagli fuori quasi a forza da un sostenitore un po’ strabordante. «Ma quando vinciamo di Follini che ne facciamo», è l’urlo che si alza rauco dalla platea. «Eh no, venendo qui – risponde Berlusconi – non pensavo proprio di dovermi preoccupare di tutti gli “ini” della coalizione. Andiamo avanti, poi ci penseremo». Evidente il riferimento, oltre che a Follini, a Casini e Fini. Poi l’attacco ai giornali «della grande stampa», quella dei direttori che si telefonano per concordare titoli contro di noi». «Non li compro più – dice – preferisco leggere la rassegna stampa che è gratis». E un affondo sulla Rai, perché «dovremmo pagare solo i due terzi del canone, quello della terza rete dovrebbero spettare a loro».
Durissimo su Prodi, «un poveraccio che si illude di contare qualcosa», ma che nella sua coalizione ha ricevuto «l’elemosina di cinque deputati» che rispetto ai «cento e passa della sinistra radicale non valgono nulla» («le decisioni – dice – si prendono in Parlamento»). Non si risparmia su Rutelli, che «prima era un mangiapreti e ora, miracoli della politica, va tre volte a messa...». E ce n’è pure per Fassino, «ricercatissimo dall’associazione delle pompe funebri che lo vuole come testimonial». «Battute – spiega il premier – che non mi preparo mica prima, mi vengono così...». Poi, ancora su Prodi: «È fortunato perché ha sempre avuto regalato tutto dalla politica. Prima la nomina a ministro, poi a presidente dell’Iri e infine l’hanno utilizzato come controfigura dei leader della sinistra». «Poveraccio, trasuda pessimismo e incazzatura», dirà in serata durante un comizio nel teatro Augusteo di Salerno. E su Diego Della Valle, a cui allude chiamandolo «quell’imprenditore lì», e che secondo il premier sarebbe impazzito (con il dito alla tempia si limita a mimare il concetto). Pronte le repliche dei diretti interessati: «Applichiamo un po’ di carità cristiana e facciamo finta che non abbia detto niente», risponde il Professore; «il premier insulta con volgari battute», fa sapere Fassino; «fa polemiche senza argomenti, non gli risponderemo neanche», fa eco Rutelli.
Poi si rivolge alla platea: «Siete in vena di sentire delle storielle?». Dopo la risposta più che scontata dei militanti di Forza Italia il premier racconta «quella» di San Pietro. Che dice: «Berlusconi è quasi in odore di santità. Ha un solo difetto, gli piace la Carfagna. Che è una bella guagliona... ma non come Rutelli perché è bella dentro». Concetto che ribadirà anche a sera nell’angusto teatro che ospita il suo comizio salernitano, iniziato con un corposo ritardo e una toccata e fuga alla pasticceria Gambrinus. La conduttrice televisiva, candidata alla Camera nelle liste di Forza Italia in Campania, ringrazia: «Berlusconi ha toccato politicamente il mio cuore, oggi è stata una giornata davvero emozionante».
Si torna alla campagna elettorale e il premier ancora una volta non risparmia le critiche alla sinistra che «non sa neanche dove sta di casa la politica sociale, si riempie la bocca con questa parola ma vuole solo governare per avere il potere, per mantenerlo e per profittarne». Se andassero al potere, aggiunge, «la nostra libertà sarebbe commissariata». Per questo «quella del 9 aprile non è una scelta tra me e Prodi ma tra due modi di concepire il mondo». Perché «chi proviene dall’ideologia comunista vuol mettere la camicia di forza fiscale, burocratica e sindacale ai cittadini». E vuole «aprire le porte all’immigrazione clandestina». E ancora: «L’opposizione che a parole condanna la violenza nei fatti la accoglie nel suo seno come accoglie i centri sociali, i no global e i disobbedienti. E infatti intende portare in Parlamento il loro capo». Poi la replica a Prodi sulla trimestrale di cassa: «Quella di dicembre gliela faremo vedere prima del 9 aprile, sarà ottima».
Infine, ancora un attacco alla magistratura e alla sinistra che riesce a «scamparla sempre». «Ogni riferimento all’intreccio perverso fra Lega delle cooperative rosse, giunte rosse e organizzazioni criminali è puramente voluto». «Lo Stato che vogliamo - ribadisce - è uno Stato in cui i giudici non possono essere utilizzati per cercare di eliminare gli avversari politici.

Uno Stato - ripete - in cui i giudici non devono garantire l’impunità a chi sta dalla parte loro, dalla parte rossa, dalla parte della sinistra che ne commette di tutti i colori e la scampa sempre e comunque».
E alla platea che lo applaude con cori da stadio dà una rassicurazione: «Siete peggio dell’Annunziata, non mi fate parlare. Ma non vi libererete più di me».

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