Controcultura

La sintesi di Previati fra passato e Futurismo

Dalla formazione tardoromantica ai nuovi linguaggi fino all'ultima svolta divisionista

La sintesi di Previati fra passato e Futurismo

Nella città di Boldini e De Pisis, con le loro diverse ma radicate tifoserie, la personalità di Gaetano Previati, così lontana dai brividi di una pittura euforica e veloce, deve essere apparsa più complessa e densa di pensiero, tanto da apparire piuttosto testimonianza di una idea religiosa e filosofica prima che pittorica. È evidente che i futuristi potevano trovare suggestioni nella libertà pittorica di Boldini più di quanto ne trovassero nell'opera di Previati. Eppure Umberto Boccioni nel 1916, dopo le aperture del Manifesto tecnico della pittura futurista del 1910, poteva affermare: «L'opera di Gaetano Previati è di una vastità e un valore che sconcertano. (...) Previati è stato il precursore in Italia della rivoluzione idealista che oggi sbaraglia il verismo e lo studio documentato del vero». Ancora: «Con lui le forme cominciano a parlare come musica, i corpi aspirano a farsi atmosfera, spirito, e il soggetto è già pronto a trasformarsi in istato d'animo». È una conferma delle parole lusinghiere e combattive del Manifesto: «Domandate a questi sacerdoti del vero culto, a questi depositari delle leggi estetiche, dove siano oggi le opere di Giovanni Segantini: domandate loro perché le Commissioni ufficiali non si accorgano dell'esistenza di Gaetano Previati; domandate loro dove sia apprezzata la scultura di Medardo Rosso!...».

Previati era percepito come una personalità ricca; ed è una considerazione durevole che si riproduce qualche anno dopo nel pensiero De Chirico, che ne ammirò la propensione a «esprimere i misteriosi turbamenti del nostro animo». E queste straordinarie aperture sono tanto più significative perché Previati non è un ribelle, ma l'esponente di una cultura figurativa tradizionale e tardoromantica. Domenico Tumiati osservava: «La sua visione tende all'infinito, e alle volte persino esorbita dai confini della pittura». Un'opera poco considerata del suo primo tempo, Una pia donzella ai tempi di Alarico, in Fondazione Cavallini Sgarbi, lo mostra, tra gli allievi dell'accademico Giuseppe Bertini, capace di risalire a paradigmi caravaggeschi, quando Caravaggio era in un assoluto cono d'ombra, a dimostrazione di un'autonomia e originalità di ricerca che lo distingue subito dagli esempi della pittura storica del suo tempo. Il «soggetto tenebroso» si ripresenta nello stesso 1879, quando Previati vince il Premio Canonica per la pittura storica con Gli ostaggi di Crema. L'opera visionaria è una miscela di realismo e simbolismo. Come scrive Chiara Vorresi, «attraverso il violento controluce, Previati affida l'intenso pathos della scena alla visione dei corpi straziati, appena riconoscibili nella luce di un livido tramonto». L'esito è sorprendente, anche se è difficile credere che vi sia traccia della pittura ferrarese del '600, come insiste la Vorresi: «Previati aveva studiato al Civico ateneo e aveva ricevuto il fondamentale imprinting dei maestri dell'Officina ferrarese, facendo proprio il patetismo proto-barocco di Carlo Bononi». Se mai quei pittori avesse anche visto e studiato, Previati dal 1876 è a Milano, e poi a Parigi nel 1879, dove può contare su ben altri e più ampi riferimenti. Resta un sentimento di condivisione per la pittura barocca, nella energia dinamica dei soggetti.

Grazie ai lavori di dimensioni monumentali, vicini alle ricerche della Scapigliatura lombarda, e in sintonia con la pittura del napoletano Domenico Morelli, tra i critici più attenti Previati si conquista la fama di giovane di temperamento, vera promessa della pittura italiana. Anche i successivi dipinti, che sviluppano temi patriottico-risorgimentali in chiave anticelebrativa, vengono accolti con entusiasmo. Certo, dopo la sperimentazione di realismo simbolista, Previati continua a dare segnali di originalità e di ricerca fuori dai modelli dominanti.

Negli anni precedenti la svolta divisionista, che porterà Previati a orientare tecnica e attenzione mentale a un meticoloso studio su luce e colore, è ancora possibile individuare nelle sue tele una lotta intestina tra mondi diversi, a prima vista incapaci di conciliarsi. Da un lato assistiamo a scene intrinsecamente legate al primo Romanticismo ottocentesco, come Cesare Borgia a Capua (1880), dall'altro, appena qualche anno più tardi, alla veemenza espressiva tipica del più autentico Verismo, con Fucilazione di Amatore Sciesa (1886). Sarà tra questi estremi che si farà strada la lunga passione di Previati per le tematiche cristiane. E precisamente dal 1881, quando presenterà il grande Cristo crocefisso all'Esposizione di Milano. Il Cristo è rappresentato di fronte, con un pathos amplificato nella testa reclinata e nello sguardo rivolto verso l'alto. Il resto del corpo ha la potenza di una scultura romanica, con il più espressivo dei modellati. L'atmosfera plumbea ha una efficacia drammatica, con un impiego della luce decisamente teatrale. È il momento più intenso ed espressivo della pittura di Previati.

Dal 1883 il pittore partecipa alle più significative rassegne pubbliche, esponendo a Roma (1883) e a Torino (1884). Alla Permanente milanese del 1887 presenta Paolo e Francesca, e a Venezia, all'Esposizione Nazionale Artistica, Tiremm innanz (distrutto durante la Seconda guerra mondiale) e Le fumatrici di oppio. Di quest'ultimo dipinto eseguirà una seconda versione di più piccole dimensioni, tra il 1890 e il 1892. L'opera esposta a Milano chiude la prima fase dell'attività di Previati - quella delle ricerche tardoromantiche - e segna il passaggio verso nuove concezioni di gusto simbolista e decadente.

In questo periodo avvia una duratura amicizia e un sodalizio professionale con il mercante d'arte e pittore Vittore Grubicy, sostenitore e divulgatore in Italia del divisionismo francese. Inizia l'amicizia anche con Giovanni Segantini, e intanto accoglie le seduzioni dei preraffaelliti, in particolare di Dante Gabriel Rossetti. Di questo momento della ricerca di Previati, assoluto capolavoro è Prima comunione del 1884, da me ritrovato qualche anno fa, e da porre in stretto collegamento con Le fumatrici di oppio e con Paolo e Francesca: un'opera nella quale il turbamento, il misticismo, l'ossessione religiosa si esprimono in una pittura sconvolgente. Potremmo definirlo un dipinto anti-impressionista, condotto con una libertà e un furore ben più vibranti della pittura euforica di Boldini. Previati coglie atmosfere, stati d'animo, turbamenti che risalgono a un grumo drammatico, fino a farci avvertire e condividere un dolore irrimediabile. Previati arriva a profondità fino ad allora insondate. «La materia dei corpi e degli oggetti si dissolve nell'atmosfera velata di una fluidità di atteggiamenti espressivi, inventati e deformati dall'autore secondo il suo sentimento», come coglie efficacemente Nino Barbantini.

Dopo questa fase inizia la più conosciuta ricerca divisionista e la pittura di Previati si fa fluida, filamentosa, avvolgente. «È un piccolo quadro che rappresenta una mamma con due bambini su un praticello smaltato di fresca verzura (...). Nella composizione c'è qualche tendenza al giapponesismo e un sentimento di quiete e di semplicità che mi pare giustifichi il titolo: Pace. È il mio primo tentativo della tecnica nuova della spezzatura del colore, una tecnica che dà l'impressione di una maggiore intensità di luce». Il dipinto, descritto da Previati in una lettera al fratello dell'autunno 1889, successivamente intitolato Il mattino o Nel prato, registra un decisivo cambiamento di rotta nel suo percorso, e l'adesione al principio estetico della scomposizione. Inizia di qui la ricerca che porterà Previati a capolavori di altissima spiritualità, in dialogo con Giovanni Segantini.

All'inizio degli anni Novanta, Previati comincia a lavorare alla grande tela della Maternità, con la quale partecipa alla prima Triennale di Milano del 1891, e che segna una svolta radicale nella sua carriera. L'adozione della tecnica divisionista accentua il carattere spirituale del soggetto, dissolvendone la forma, attraverso lunghi filamenti colorati e luminosi; l'immagine perde quindi ogni dimensione naturalistica, ed è risolta in una pittura di luce dove ogni sembianza si smaterializza. Com'è noto, il dipinto, presentato alla Prima Triennale di Brera nel 1891, insieme a Due madri di Segantini e Alba di Angelo Morbelli, fu subito identificato come il provocatorio manifesto delle nuove tendenze divisioniste e «ideiste», suscitando un clamore epocale. Di qui la affermazione di Previati, e la sua fortuna celebrata dai Futuristi, dall'amicizia di D'Annunzio e dalla grande monografia di Nino Barbantini, del 1919.

L'anno dopo il pittore morirà.

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