Politica

Sipario sul caso Diaz: condanne per il blitz ma non per le botte

Il blitz alla scuola Diaz è da condannare. E i no global esultano per la scelta della Cassazione di confermare le condanne dei funzionari di polizia per l’irruzione nel dormitorio al termine del G8 di Genova. Ma per le botte ai manifestanti trovati all’interno dell’istituto c’è l’«assoluzione». O meglio, la non condanna. Perché la giustizia italiana ci ha messo troppo a fare il suo corso e quindi le accuse ai nove poliziotti che hanno agito in prima persona sono ormai prescritte. E qui i movimenti antagonisti non ci stanno, non accettano l’insindacabilità delle sentenze. Neppure se emesse dalla Suprema Corte. E minacciano ritorsioni terroristiche.
Nei fatti, i giudici hanno deciso di confermare in pieno le sentenze di secondo grado contro i funzionari della polizia che quella notte a Genova coordinarono l’operazione. Le condanne più dure sono così quelle a carico di Francesco Gratteri (4 anni), attuale capo del dipartimento centrale anticrimine della polizia; di Giovanni Luperi (4 anni), vicedirettore dell’Ucigos ai tempi del G8 e oggi capo del reparto analisi dell’Aisi; di Gilberto Caldarozzi (3 anni e 8 mesi), attuale capo servizio centrale operativo. Convalidata anche la condanna a 5 anni per Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma, il leader del gruppo che entrò alla Diaz. Nessuno «sconto» neppure a tutti quei funzionari che, per vari motivi, controfirmarono il maxiverbale di quella notte.
Per i funzionari in divisa la Cassazione ha confermato anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Sulla sentenza, in serata, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha commentato: «La sentenza va rispettata. Attueremo le disposizioni prescritte dalla Suprema Corte».
La decisione finale sul processo Diaz aprirà anche la strada alle richieste di risarcimento da parte dei no global che hanno subito lesioni nel corso del blitz notturno. La parola su eventuali ulteriori conseguenze per gli uomini in divisa passa ora al ministero dell’Interno che avvierà i procedimenti disciplinari nei confronti dei poliziotti. Procedimenti dai quali non verranno esentati neppure coloro che hanno evitato la condanna penale grazie alla prescrizione.
Proprio questa decisione della Cassazione, inevitabile a termini di legge nonostante qualche pubblico ministero genovese abbia nei giorni scorsi protestato vivacemente contro l’applicazione della norma, è quella che ha procurato il maggiore scontento tra i no global. La stessa madre di Carlo Giuliani, il giovane ucciso negli scontri mentre cercava di uccidere un carabiniere con un estintore, si è detta parzialmente soddisfatta: «La giustizia c’è benché incompleta», ha commentato Heidi Giuliani. La sua speranza era quella di veder applicato il reato di tortura nei confronti dei poliziotti. Scelta che la Cassazione non ha compiuto anche perché questo reato specifico non è previsto dal codice italiano. La stessa ex senatrice di Rifondazione sperava anche che le condanne arrivassero ai gradi più alti della polizia: «In verità le responsabilità sono più ampie - ha aggiunto -. E penso all’assoluzione dell’allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio».
Peggiore e più preoccupante la reazione del sito Indymedia, che ha lanciato minacce dal sapore terroristico alla polizia: «Sappiano i dirigenti e le altre guardie di questura coinvolte che comunque non sono dimenticati e saranno colpiti...

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