Sir Moss: «Se scommettessi punterei tutto su Raikkonen»

L’ex grande pilota degli anni 50 giudica i suoi giovani colleghi: «Sembrano uomini d’affari»

nostro inviato a Melbourne
Non c’è appassionato che non lo ricordi. La sua faccia imperlata di sudore, gli aloni di olio e altra sporcizia a contornagli gli occhi, e poi lo sguardo stanco ma grintoso. Luminoso e arrabbiato. Stirling Moss, sir Stirling Moss, non foss’altro per il nome e le molte battaglie e le grandi resurrezioni, da solo vuol dire formula uno. Quella vera, d’altri tempi, quella tragica degli incidenti e dei molti morti, quella degli uomini veri che parevano, anzi erano, strani eroi moderni. Forse impegnati in una missione inutile, ma pur sempre cavalieri. Non gli impiegati del rischio di oggi. Sir Moss ha 77 anni, per quattro stagioni di fila fu vice campione del mondo dietro a Fangio (dal ’55 al ’57) e dietro ad Hawthorne nel ’58. In dieci anni di F1 ha corso per Cooper, Maserati, Brm, Porsche, Lotus, Mercedes. Per cui sa bene cosa sia il successo e conosce la sconfitta, anche la più umiliante. Forse per questo, oggi, trova subito le parole per definire i piloti moderni, questi ragazzi che gli camminano attorno e, forse, neppure sanno chi è. «Però – dice con una certa ironica condiscendenza – sono giovani tanto professionali e tanto preparati...».
In che senso? Perché si dedicano alla pista in modo accurato, senza lasciar nulla al caso?
«No, intendo dire che più che sportivi mi paiono uomini d’affari. Noi non eravamo così. Pensavamo solo a correre e speravamo che ci venisse affidata una buona macchina».
Però, sempre corse sono: per cui dovrà pur esserci qualcosa che unisce i piloti di oggi a quelli d’allora.
«Certo: ci accomuna la macchina, la consapevolezza di fare esattamente ciò che ci piace, pensando spesso alla stessa cosa: che la nostra monoposto resista a tutte le sollecitazioni».
Ricorda Raikkonen un paio di anni fa al Gran Premio di Germania? Quando corse con la sospensione che stava per saltare via? E infatti saltò via, e lui finì fuori a 300 chilometri all’ora. Rischiò la pelle pur di riuscire a vincere. Un po’ come voi piloti d’altri tempi.
«Sì, e mi piace. E poi è finlandese: è ciò lo rende diverso da tutti noi, per questo sembra che si estranei. Penso anche che sia un ragazzo di un’intelligenza superiore alla media e con una personalità molto forte».
Ed è più coraggioso degli altri?
«Di certo è il più veloce di tutti. Non ci sono questioni su questo».
Meglio Kimi o meglio Alonso?
«Fernando ha dalla sua che in piena gara riesce sempre a pensare molto: sa studiare ogni avversario e poi sbaglia davvero poco».
Chi le ricorda dei grandi del passato?
«Per stile assomiglia terribilmente a Jackie Stewart, anche se a volte sa correre come Alain Prost».
E Raikkonen?
«A no, Kimi sembra un nuovo Gilles Villeneuve».
E Felipe Massa?
«Non saprei, non sono ancora riuscito a studiarlo come avrei voluto. Però è uno che impara molto velocemente: è una dote molto importante questa».
La rivalità fra i due neo compagni in Ferrari?
«Uno è un passionale, l’altro è un freddo che lavora sodo. Visto l’ambiente Ferrari, penso che sia più facile per Massa rapportarsi al team. Tanto più che parla bene l’italiano. Kimi è più distaccato, però prende l’auto e pensa solo a guidare.

Il team lo conquista così: con l’innata velocità e mostrando le proprie doti di guida».
Campionato 2007. Su chi punterebbe dei soldi?
«Raikkonen. E poi Fernando Alonso, è il campione del mondo e se il motore non lo tradirà...».

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