Difesa a oltranza. «Non ci sono le prove di passaggi di denaro» e cioè di tangenti, «ma solo un'ipotesi investigativa che va sviluppata». E poi «l'imprenditore Piero Di Caterina non è credibile perché si contraddice e dice quel che vuole». Lo hanno detto gli avvocati Norberto Argento e Luigi Peronetti, che assistono Marco Magni, l'architetto in carcere dallo scorso 25 agosto nell'ambito dell'inchiesta dei pm di Monza sul cosiddetto «sistema Sesto», al termine dell'udienza davanti al Tribunale del riesame nella quale hanno chiesto la scarcerazione o gli arresti domiciliari per l'indagato. I difensori davanti ai giudici hanno inoltre spiegato che dietro gli «oneri conglobati», voce che compariva nei progetti di Magni, non si nascondono tangenti bensì «spese effettive»: si tratta di oneri legati alle costruzioni e ci sono tutti i documenti bancari che abbiamo prodotto». Quanto agli 870 mila euro scudati di cui una parte rintracciati dagli inquirenti nella londinese Shorelake, e sui quali la Procura intende fare accertamenti, la difesa ha precisato che «sono soldi che ha fatto in nero, che non sono mai stati prelevati. Da quel conto estero non è mai uscito nulla e quindi è impossibile che siano stati utilizzati per versare mazzette».
Gli avvocati, nel chiedere la revoca della misura di custodia cautelare in carcere per Magni, hanno ribadito la nullità dell'interrogatorio del loro assistito che si è svolto davanti al gip, dato che non erano stati messi a disposizione gli atti dell'inchiesta e hanno sostenuto che non sussiste il pericolo di inquinamento delle prove e nemmeno quello di reiterazione del reato. Motivo? «Con il clamore delle indagini - hanno spiegato i legali dell'architetto - nessuno ora si rivolgerebbe più a Magni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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