Felice Manti
da Milano
Cè un pezzo di Unione che si riscopre garantista, contesta la magistratura e chiede le dimissioni di un «suo» ministro: lex pm Antonio Di Pietro, che per loccasione è tornato a indossare la toga e ad invocare lennesima questione morale a sinistra. Succede in Calabria, in un centrosinistra già dilaniato dal barbaro omicidio di un consigliere della Margherita, Francesco Fortugno, ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005. Larresto del capogruppo dei Ds alla Regione Calabria, Franco Pacenza, fermato mercoledì per concussione dal gip del Tribunale di Cosenza nellambito di una maxitruffa allUnione europea da 8,2 milioni di euro, non è andato giù allo stato maggiore di Quercia e Margherita, che ha mobilitato una decina tra deputati e senatori, pronti a giurare sullinnocenza del consigliere della Quercia ammanettato dalla Guardia di finanza mentre si trovava in vacanza in Sardegna. «Quando i finanzieri sono arrivati in abiti borghesi - ha raccontato la moglie di Pacenza - abbiamo temuto che si trattasse di un sequestro di persona».
Ieri mattina gli onorevoli si sono schierati fuori dal carcere di Cosenza per chiedere limmediata scarcerazione del politico. Insieme ai ds Marilina Intrieri, Franco Amendola, Rosa Calipari e Nuccio Novene cerano anche i dl Maria Grazia Laganà (la vedova Fortugno, eletta nelle file dellUlivo alle recenti elezioni politiche), Nicodemo Oliverio, Franco Laratta e Franco Bruno. «Aspetteremo qui, davanti al carcere, che Pacenza esca - ha detto Franco Bruno, che è anche segretario regionale della Margherita - bisogna tutelare i diritti fondamentali di tutti, se le cose sono quelle che si conoscono siamo di fronte a un atto non commisurato alle contestazioni, a un esagerato accanimento giudiziario». I parlamentari hanno anche incontrato Pacenza in cella. «Abbiamo trovato un uomo abbattuto e molto provato - ha aggiunto Bruno - anche se non abbiamo potuto parlare delle vicende specifiche dellinchiesta».
Linvasione di campo ha fatto scattare il leader dellItalia dei valori e ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro: «Stupisce la solidarietà che diversi parlamentari calabresi dellUnione sono andati a portare in carcere al capogruppo regionale Ds, nonostante il divieto di colloqui imposto dal magistrato inquirente e lassenza di qualsiasi autorizzazione». Poi lex pm evoca il leader socialista Bettino Craxi e la sua visita in carcere al primo politico arrestato da Tangentopoli, Antonio Natali. Parole che provocano la reazione del sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi («Di Pietro è un nemico di questo governo»).
Poche ore prima le accuse di Di Pietro, il cui partito calabrese ha da tempo chiesto un rimpasto nella giunta guidata dal governatore Agazio Loiero, erano state rispedite al mittente, con laggiunta di una sostanziale richiesta di dimissioni e una postilla al veleno. «La dichiarazione di Di Pietro sconcerta e risulta gravissima. Non sappiamo in quale veste Di Pietro parli, se da ministro o da presidente nazionale dellItalia dei valori, ma non si può prendere il lusso di criticare il libero comportamento di parlamentari della Repubblica italiana. Per molto meno altri ministri si sarebbero dignitosamente dimessi». Poi laccusa al vetriolo: «Di Pietro è anche il leader di partito che ha candidato nelle recenti elezioni al comune di Cosenza (risultato primo dei non eletti) il fratello (Pierpaolo, ndr) del giudice per le indagini preliminari di Cosenza, facente funzione Giuseppe Greco che ha autorizzato larresto di Pacenza. E ci fermiamo qui».
Anche uno dei legali di Pacenza, lavvocato Franco Sammarco, punta il dito contro il gip: «I capi dellufficio di Procura e dellufficio del Gip non compaiono sugli atti, né sulla richiesta né sullordinanza di custodia cautelare.
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