Cronaca locale

Smarathon, 35mila euro al Besta per combattere la Sma

Serviranno a sperimentare nuove cure per battere l’atrofia muscolare spinale

Smarathon, 35mila euro al Besta per combattere la Sma

Un assegno da 35mila euro come regalo di natale da Smarathon al Besta. Un dono “utile” visto che quei soldi serviranno al professor Giorgio Battaglia per continuare la sua ricerca nella cura della Sma, l’atrofia muscolare spinale, una malattia per ora senza cura che impedisce ai muscoli di svilupparsi e quindi alle persone che ne soffrono di fare una vita normale. Smarathon è una onlus nata più o meno un anno fa dalla volontà e dalla dedizione di Elena e Luca De Luca, mamma e papà di Rebecca, una bimba di quasi tre anni affetta da Sma. Elena e Luca appassionati di sport e di maratona in particolare hanno creato un sito internet ( www.smarathon.eu), hanno cominciato a correre maratone facendo conoscere la Sma e i suoi effetti, hanno coinvolto amici, società sportive e campioni da Del Piero a Bettini a Pistorius che hanno fatto da testimonial alla loro raccolta fondi. Una gara di solidarietà che in un anno ha permesso appunto di staccare un assegno di 35mila euro consegnato qualche settimana fa nelle mani del professor Giorgio Battaglia . In questo campo l’ospedale milanese e l’èquipe del professor Battaglia sono davvero all’avanguardia. Il gene che causa questa malattia è noto da una dozzina di anni. A scoprirlo è stata un’equipe di ricercatori francesi ma finora il meccanismo che genera l’atrofia muscolare è rimasto misterioso. La nuova strada degli studi porta nei laboratori di ricerca del Besta dove lo scorso anno è stata scoperta una proteina nuova che potrebbe aprire nuovi scenari di cura magari su un’ipotesi di terapia genica. Presto per dare speranza- frenano gli studiosi- ma ci si sta lavorando con una prima fase di sperimentazione sulle cavie. I 35 mila euro donati da Smarathon all’èquipe del professor Battaglia serviranno per andare proprio in questa direzione.

Mai come in questo caso sembra giusto augurare ai ricercatori “buon lavoro”.

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