Lo «smash» in rete di Gianni Clerici, staffetta partigiana

Caro amico, non so se Lei si diletti di tennis. Io lo pratico a livello amatoriale da molti anni, e lo seguo in tv soprattutto durante i grandi tornei, uno dei quali, Wimbledon, è stato nei giorni scorsi trasmesso da Sky. La coppia ritenuta principe dei commentatori è formata da tali Rino Tommasi e Gianni Clerici; entrambi ex giocatori di discreto livello, conoscono sicuramente bene la materia di cui discettano; il Tommasi è sempre misurato e attento al gioco e al commento, ma il buon Clerici, se non lo conosce, La prego, se lo faccia raccontare e dedichi un po’ del suo tempo ad ascoltarlo, è veramente fantastico! L’uomo è la quintessenza di ciò che Lei definisce il Sincero Democratico, quindi schifato da tutto ciò che lo circonda (salvo, naturalmente, usare il mezzo televisivo per fare marchette al giornale per cui scrive e di cui sicuramente Lei ha già indovinato il nome, nonchè per ricordare i suoi libri a più riprese premiati); raggiunge il massimo quando parla di un buon giocatore, Starace, dicendo che a lui, giovane staffetta partigiana, il giocatore piacerebbe anche, se non fosse per quel cognome che ricorda il noto gerarca fascista... poi divaga su argomenti politici, fingendo di non ricordare cose di cui sicuramente ha appunti e note preparate, come è ovvio che sia, da tempo. Lo scorso anno Sky aveva aperto un indirizzo mail al quale scrivere per interloquire con i commentatori. Avevo espresso le mie rimostranze, specificando quanto sopra riferitoLe e altre minuzie. Ma naturalmente nessuno ha avuto la buona creanza di rispondermi. E consideri che, come sempre faccio quando scrivo a qualcuno, mi firmai con nome, cognome e indirizzo. Penso però di non essere stato il solo, dato che quest’anno la mail non è stata più nominata. Che ne pensate, Lei e il suo delizioso amico peloso?
Mantova

Eh, caro Evoldi, eccome se la conosco la coppia Tommasi-Clerici; come tutti coloro che seguono il tennis, d’altronde. Un duo che più si va avanti più cerca di assomigliare alla «strana coppia», quella cinematografica con Jack Lemmon e Walter Matthau. Però, onestamente, non sono così male: a differenza dei tremendi colleghi che s’occupano di calcio, il loro commento è sempre disincantato, mai invadente, mai sdottoreggiante. Fermo restante che «il buon Clerici» insiste un po’ troppo nel suo gigioneggiare, sgranando di continuo meriti e riconoscimenti gauchisti. Sa, caro Evoldi? Non avrei mai pensato che arrivasse a tanto, a vantare niente popò di meno d’aver preso parte alla Gep, la Gloriosa epopea partigiana, nei panni di «staffetta». A prestar fede ai reduci, trecento, trecentocinquantamila saranno state, tra l’ottobre del ’43 e l’aprile del ’45, queste staffette. Forse più. Ed ecco qui che se ne scoprono sempre di nuove grazie a tardive (si presume per civile pudore) ammissioni. Ma che ci facevano, i partigiani, con tutte quelle staffette? Con tutta quella valorosa, eroica pipinara (la staffetta è di per sé un giovincello o una giovincella) tra i piedi? D’accordo che per fregiarsi del titolo basta poco. Mica c’era bisogno di furtivamente eludere i posti di blocco tedeschi e rischiando la pelle inoltrarsi di notte lassù sui monti per consegnare al capo partigiano il piano di operazioni firmato Luigi Longo. Bastava un: «Giovannino, ciàpa su la bici e vai a dire a zio Alfonso di passare da me, quand’el ga temp» ed ecco eseguita la missione di portaordini. Però, anche così, il numero di uomini e donne che assicurano d’aver ricoperto quel ruolo mi pare sempre eccessivo.

Con questo non intendo mettere in dubbio che Gianni Clerici abbia eroicamente staffeggiato in su e in giù durante la Resistenza, dico solo che poteva risparmiarci l’informazione perché, come diceva mia nonna, il troppo stroppia. Ci basta (e avanza) sapere - e ce lo ha fatto intendere in tutte le salse - che è un «sincero democratico». Il resto è sottinteso.

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