Dario Antiseri ha una capacità di scrittura notevole. Ha partorito per Rubbettino un nuovo pamphlet, Karl Popper. La ragione nella politica, che val la pena leggere. Non ci metterete tanto, il tempo di un Roma-Milano con un Frecciarossa, eppure è pieno di spunti. D'altronde, come Antiseri racconta, fu proprio il Nostro a tradurre e portare in Italia il pensiero di Popper. Un punto di vista liberale che fu rigettato, facile a crederlo, dai nostri tromboni marxisti, non meno che da quelli di ispirazione crociana.
È interessante il liberalismo di Popper, non propriamente austriaco, certamente non friedmaniano, ma certamente antidogmatico. Più volte ci si è chiesti se il grande epistemologo fosse liberale o socialista. Non solo per le sue origini marxiste e poi socialiste, ma anche per il suo pensiero, fieramente ancorato alla fallibilità della scienza e dunque anche di qualsiasi certezza politico-ideologica. Antiseri ci ricorda un piccolo ma significativo aneddoto: fu Popper a chiedere al suo grande amico von Hayek di inserire qualche socialista nella prima riunione della mitica Mont Pelerin Society. Richiesta che non fu ovviamente accettata. Popper era un pragmatico, non un filo-socialista, all'ingegneria utopistica preferiva l'ingegneria gradualista dei piccoli passi concreti. Niente è più chiaro di Popper per capire da che parte stesse: «per diversi anni rimasi socialista, anche dopo il mio ripudio del marxismo; e se ci fosse stato qualcosa come un socialismo combinato con la libertà individuale, sarei ancora oggi un socialista. E, infatti, non potrebbe esserci niente di meglio che vivere una vita modesta, semplice e libera in una società egalitaria. Mi ci volle un po' di tempo per riconoscere che questo non era nient'altro che un sogno meraviglioso; che la libertà è più importante dell'uguaglianza; che il tentativo di attuare l'uguaglianza è di pregiudizio alle libertà; e che se va perduta la libertà, tra non liberi non c'è nemmeno uguaglianza». Non ci sono dubbi.
E dunque per Popper i cittadini, gli elettori, le norme devono preoccuparsi non tanto di chi ci comanda, ma di come sia possibile controllarli.
È fenomenale nella sua critica alla politica intesa come religione e dunque non falsificabile, e ai movimenti politici (all'epoca si sperava nell'utopia socialista) che ci promettevano il cielo in terra: «Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano dalle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui ed ora».
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