Egregio direttore Feltri,
cosa ne pensa lei? Un «mazzolin» di fiori preferirei me lo regalassero adesso, potrei sentirne il profumo, apprezzarne la bellezza. Una carezza? Una parola buona? Un sorriso? Fatemeli adesso, mi riempirete di gioia. Quanti mariti si dimenticano di portare alle proprie mogli anche solo una margherita selvatica, in un giorno qualsiasi, in un momento qualsiasi, per poi, da vedovi, placare i loro sensi di colpa postumi con enormi bouquets? Quante donne non «vedono» più il loro compagno di vita e non ricordano che un gesto di tenerezza, un bacio, uno slancio
di affetto, possono allentare tensioni e far tornare il sorriso su un volto stanco? E poi quasi certamente, in gramaglie, verseranno lacrime tardive. L'affetto, la stima, l'amore, la riconoscenza, il calore di un bacio, esterniamoli ai nostri familiari ora che sono in vita, e davvero li faremo sentire in Paradiso. Non aspettiamo che muoiano per guardarli con occhi nuovi, per farli sentire unici. Ogni momento è buono per farlo, ora. Credetemi, sono questi «i fiori che non appassiscono», e mai appassiranno, perché vanno diritto al cuore. Sono questi «i ceri» che veramente danno luce,
quella splendida magica luce che accende l'anima d'amore e che né alcun vento né alcuna tempesta riusciranno mai a spegnere. Il Paradiso inizia da qui, dalla terra, dalla parola «amore». I morti? Certo, rispettiamoli, ricordiamoli, continuiamo ad amarli. Ma rispettiamoli prima da vivi. Il «dopo» è troppo tardi.
Raffaele Pisani
napoletano a Catania
Caro Raffaele,
la tua lettera andrebbe incorniciata e appesa in ogni casa, in ogni ufficio, in ogni cuore. Perché racconta con semplicità e verità una cosa che sappiamo tutti, ma che quasi tutti dimentichiamo: l'amore non è eterno, le occasioni non sono infinite, le persone possono lasciarci.
Viviamo come se ci fosse sempre tempo, dando priorità al lavoro, alle commissioni, agli impegni che reputiamo inderogabili. Rincorriamo scadenze che sembrano urgenti, ma che nella scala delle cose davvero importanti valgono meno di un bacio, di un «ti voglio bene», di un fiore
raccolto al volo. Sono questi piccoli gesti a non dovere essere considerati procrastinabili.
Pensiamo che ci sarà sempre un domani per amare, per dare, per fare ciò che desideriamo davvero. E invece domani, a volte, non c'è. O arriva, ma è troppo tardi. Troppo tardi per dire una parola gentile, per guardare qualcuno negli occhi senza fretta, per stringere una mano, per perdonare, per ringraziare, per accarezzare.
Chi ama davvero lo dimostra oggi. Non al funerale. Non davanti a una tomba, con mazzi di fiori e lacrime tardive. La tenerezza data in tempo è l'unico fiore che non appassisce, come scrivi tu. È l'unica
forma di eternità concessa agli uomini: quella che lasciamo nei ricordi degli altri.
Per questo, caro Raffaele, hai perfettamente ragione.
Non aspettiamo di perdere qualcuno per scoprire quanto lo amavamo, cercando poi la sua compagnia nel rimpianto di quello che non siamo stati capaci di dare e di fare. Abbiamo soltanto un tempo per amare. E si chiama «presente». E solo una parola conta davvero: «Ora».