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"Il biglietto? Stai zitto". Dallo straniero minacce e bestemmie al controllore

Una scena di ordinaria follia ieri sul treno Verona-Milano. L’addetto ai controlli non si arrende: "I passeggeri devono comprare il biglietto"

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"Il biglietto? Stai zitto". Dallo straniero minacce e bestemmie al controllore del treno

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"Tu non hai il diritto di umiliarmi, non sono tuo figlio", dice il passeggero al controllore che ieri mattina sul treno Verona Milano gli chiedeva di mostrargli il biglietto. Una richiesta legittima, perché in quanto pubblico ufficiale, ha il diritto-dovere di fare rispettare le regole sul treno. "Non fare lo spiritoso, perché oggi ti costa caro. Incredibile tutta l'Italia funziona così", gli risponde il controllore. E l'altro, sempre più strafottente: "Tu chi sei? Stai zitto". Ecco che cosa è successo: siamo a bordo del treno che parte all'alba da Verona Porta Nuova.

Pochi minuti dopo la partenza nel silenzio del mattino si sente una voce: “Biglietti prego”. È il controllore, un uomo alto, sulla cinquantina, con una barba folta. Come è giusto che sia, l'uomo passa tra i sedili chiedendo ai passeggeri di mostrare il proprio biglietto. Dopo aver verificato diversi titoli di viaggio, tra pendolari assonnati e qualche sbuffata per il disturbo, l’addetto ai controlli si blocca di fronte a due persone di origine straniera le quali sostengono di aver appena perso il biglietto. Il controllore, come da codice, chiede ai due individui di pagare un altro ticket ma questi si rifiutano, a questo punto chiede i documenti di entrambi. I due protestano, iniziano a urlare e a parlare in una lingua straniera. Il controllore spiega loro che in quel momento ricopre la veste di un pubblico ufficiale e, come afferma la Corte di Cassazione (sent. n. 38389 del 01.10.2009), ha tutto il diritto di visionare i documenti. Il primo, particolarmente stizzito gli mostra un documento di identità accusano l'uomo di razzismo e abuso di potere, mentre l’altro sostiene di aver accidentalmente perso qualsiasi attestato di identificazione.

A questo punto il controllore, dopo aver chiesto ulteriormente i documenti, decide di chiamare la Polfer, la Polizia Ferroviaria, e dice ai due soggetti dovranno scendere dal treno. Dopo urla e proteste da parte dei due sprovvisti di biglietto e, in un caso, anche di documento di identità, l’addetto ai controlli prosegue imperterrito, alle sue spalle un fiume di insulti.

Chiede i biglietti agli altri passeggeri che, come spesso accade, restano indifferenti alla scena, una signora commenta: “È sempre così, prendo il treno tutte le mattine, oramai è la quotidianità”. Il controllore arriva in prossimità degli ultimi posti in fondo al vagone dove due ragazzi alla richiesta del biglietto non rispondono, uno dei due abbassa gli occhiali da sole e ignora le diverse domande da parte dell’addetto. Dopo diverse richieste il controllore è stufo, chiama un'altra volta la Polfer e segnala la presenza di altri due soggetti che, anche in questo caso, non hanno documenti di identità. A questo punto uno dei due si alza pronuncia frasi incomprensibili, offese e, addirittura, bestemmie. Il tutto sempre in un clima di quasi totale indifferenza dei passeggeri. Il controllore è stanco, racconta di aver già fatto scendere 20 persone durante la prima tratta del treno. Come dargli torto, far rispettare le regole è un mestiere difficile.

Si vedono spesso scene in cui i controllori sorvolano se qualcheduno non ha il biglietto, forse anche per paura perché le minacce sono all’ordine del giorno. Il dipendente dell’azienda ferroviaria ha iniziato da poco il turno ed è già stanco, sudato ma non si arrende. Lui vuole far rispettare le regole. La corsa prosegue fino alla prossima fermata dove ad attendere i quattro stranieri sprovvisti di biglietto c’è la Polizia Ferroviaria. Nessuno vuole scendere dal treno, intanto i minuti passano e si accumula il ritardo, che poi a catena influirà su tutte le altre corse. Gli agenti salgono a bordo e chiedono ai quattro di scendere, uno si oppone dichiarando addirittura di essere ubriaco e di non riuscire a percorrere le scale per uscire dal convoglio. I quattro, dopo lunghe proteste, vengono fatti scendere dalla carrozza, non si capisce cosa stiano dicendo agli agenti, qualcuno borbotta e qualcuno urla, ma una cosa è chiara: il controllore ha vinto, giustizia è stata fatta. “Io non mi fermo- dice il dipendente- questo è il mio lavoro ed è giusto che tutti paghino il biglietto come gli altri. Queste scene sono all’ordine del giorno, tanti colleghi chiudono un occhio per paura o per svogliatezza. Io voglio far rispettare le regole”.

Ed è così che un viaggio in treno si trasforma in un’immagine triste di quella che è la quotidianità sui mezzi di trasporto italiani, ma per fortuna c’è ancora chi non accetta questa situazione e combatte per un po' di normalità.

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