Il merito delle stelle cadenti non è di esaudire desideri, ma di mettere in luce chi e cosa più ci sta a cuore

La tradizione popolare ha associato le stelle cadenti alle lacrime di San Lorenzo o alle scintille dei carboni ardenti su cui venne bruciato. Comunque questa notte è diventata un rito collettivo di speranza, memoria e meraviglia sotto il cielo estivo per esprimere desideri e fare considerazioni

Il merito delle stelle cadenti non è di esaudire desideri, ma di mettere in luce chi e cosa più ci sta a cuore
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«Faccio una considerazione: io non faccio peccati, io faccio disastri! Sono disorientato, vedo solo buio. Arranco nella notte. Cerco qualcosa a cui aggrapparmi. Desidero trovare qualcuno che mi prenda per mano. Mi aiuti!». Questa confidenza che mi ha consegnato nei giorni scorsi un giovane, in modi diversi è un tema che ricorre spesso in Confessionale. Se si pone attenzione alle parole, sganciandole dalle implicazioni spirituali, qualcuno si potrebbe chiedere: perché se l’interessato si inginocchia è gratis e invece se si sdraia su un lettino paga? La richiesta con cui ci si approccia spesso è la stessa, cambia la posizione e la tariffa.
La provocazione da cui parto me la suggerisce la festa di oggi, 10 agosto, San Lorenzo con la sua notte delle stelle cadenti. «Disastri» è una parola che viene dal latino e significa letteralmente «caduta delle stelle, mancanza di astri» (dis-atri). Così ci si sente «dis-orientati», cioè «senza oriente», senza la stella polare, senza punti di riferimento per orientarsi dentro un buio che avvolge, stritola, impaurisce. In questi giorni lo sciame meteorico delle Perseidi lascia piccoli frammenti che entrano nell’atmosfera terrestre, si incendiano e creano le suggestive scie luminose. San Lorenzo, diacono del Papa, era custode dei tesori della Chiesa.
L’imperatore lo costrinse a indicargli dove fossero e lui gli mostrò gente comune, poveri, bisognosi, malati, anziani, facendogli osservare che «questa era la ricchezza della Chiesa». Allora fu arso vivo su una graticola (era il 258 d.C.). La tradizione popolare ha associato le stelle cadenti alle lacrime di San Lorenzo o alle scintille dei carboni ardenti su cui venne bruciato. Comunque questa notte è diventata un rito collettivo di speranza, memoria e meraviglia sotto il cielo estivo per esprimere desideri e fare considerazioni, ancor più pensando a quanti disastri ci circondano, che impongono serie considerazioni. Anche la parola «desiderio» viene dal latino «de-sideribus» e significa «ciò che riguarda le stelle»: è il desiderio di aggrapparsi a un gancio in mezzo al cielo per tirarsi un po’ su, per alzare il livello, per sostenersi.
Proprio per scegliere quale desiderio esprimere, però, bisogna fare delle considerazioni, parola che pure viene dal latino «cum-sideribus» e significa «stare con le stelle».
Se i desideri fanno alzare lo sguardo, le considerazioni aiutano a tenere il livello alto, a puntare al top. Si racconta che il geniale investigatore Sherlock Holmes fosse in vacanza in campeggio.
Durante la notte svegliò il fidato compagno: «Watson, guardate il cielo e ditemi cosa vedete!». «Vedo una meraviglia di stelle lucenti». «E cosa ne deducete?». «Dal punto di vista astronomico che ci sono in cielo milioni di galassie e quindi potenzialmente miliardi di pianeti. Dal punto di vista astrologico che Saturno è in Leone. Da un punto di vista orario, calcolando la posizione della Luna rispetto alla stella polare, che sono le 3:15. Da un punto di vista metereologico direi che domani avremo una bellissima giornata limpida. Da un punto di vista teologico contemplo l’infinita potenza di Dio e medito quanto noi siamo piccole creature».
Holmes rimase un attimo in silenzio e poi sbottò: «Watson, siete un idiota! Dal punto di vista pratico, se vediamo le stelle, qualcuno ci ha rubato la tenda!». Guardare al cielo, fa vedere meglio dove si mettono i piedi. Ci fa accorgere di quante stelle calpestiamo ogni giorno: sentimenti male interpretati, parole non ascoltate, gesti di premura non considerati, grazie non detti. Guardare al cielo, poi, fa vedere meglio chi abbiamo intorno. Ci sono persone, come stelle, sempre presenti pur se distanti, che accompagnano in silenzio ogni passo e ogni inciampo, che raccolgono ogni sorriso e ogni lacrima senza invadenze. Guardare al cielo, infine, fa vedere meglio ciò che ci teniamo dentro. Il merito delle stelle cadenti non è di esaudire desideri, ma metterli in luce, coscientizzando chi e cosa più sta a cuore. Un cielo con stelle di uguale luminosità, ordinate, equidistanti, ci farebbe mancare il fiato e ci farebbe sentire fuori posto. Non lascerebbe spazio a sogni, oroscopi, fantasie. Il cielo non è una monotona fila di lampioni e neppure il caos totale. Nel cielo esiste un disordine che ha un suo fascino e, insieme, un ordine nascosto, misterioso, da scrutare. Lo stesso in noi.

Bob Marley si dice che abbia detto: «Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella, se vedi cadere una stella è perché stai guardando il cielo e se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa»... o in qualcuno!

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