Caro Vittorio, nell'approccio con bambini e ragazzi ci rapportiamo sempre andando con la memoria a come eravamo, e dal confronto emergono modelli molto diversi. I bambini sembrano arrivati da un altro pianeta. Ma in effetti è il pianeta che è cambiato, le nostre città si sono trasformate. E anche i giochi sono oggi quasi tutti basati su tecnologia e velocità. La frenesia è forse causata dalla scarsità di adulti a disposizione dei bambini in ogni ora del giorno. Per Natale, cerchiamo di resistere al martellamento pubblicitario: regaliamo qualche libro, le cui avventure e storie possono aprire la mente e dare risposte come nessuna diavoleria tecnologica è in grado di fare. E non manchiamo di leggere assieme a loro: la voce di un genitore non potrà mai essere sostituita da aggeggi elettronici. Un bambino è in grado di distinguere tra un adulto che gli vuole davvero bene e uno che cede per stanchezza o indifferenza.
Mauro Luglio
Monfalcone
Caro Mauro,
tocchi un nervo scoperto, e lo fai con garbo e intelligenza: il rapporto tra adulti e bambini è sempre uno specchio impietoso del tempo in cui viviamo. I bambini non sono «strani», come spesso si sente dire, è il mondo che abbiamo costruito attorno a loro ad esserlo diventato. Un mondo frenetico, rumoroso, tecnologico, che corre senza fermarsi mai e che ha progressivamente sottratto ai più piccoli la cosa più preziosa: il tempo degli adulti. Quando eravamo bambini noi, Natale non era una gara a chi scartava il pacco più costoso. Il regalo aveva un valore simbolico, non economico. Contava il gesto, non lo scontrino. Bastava poco, perché quel poco era inserito in un contesto fatto di attesa, di ritualità, di famiglia. Oggi invece sembra che l'amore si misuri in euro: più si spende, più il dono «vale». È una falsificazione sentimentale, oltre che culturale. Tu hai ragione: regalare un libro non è soltanto fare un dono, è regalare tempo. Tempo condiviso, tempo che ritorna. Un libro crea un legame silenzioso ma duraturo tra chi lo regala e chi lo riceve: ogni pagina letta riattiva quella connessione. È un gesto che non si esaurisce nel momento dello scarto, ma accompagna chi legge nel tempo. Ed è per questo che il libro è, per definizione, un regalo profondamente educativo e affettivo. Non lo dico per mestiere, ma per convinzione. Ho scritto anch'io libri pure per ribadire quanto la lettura sia fondamentale, soprattutto per bambini e ragazzi. Un essere umano in crescita ha bisogno di parole, di storie, di immaginazione, di pensiero critico. Nessun dispositivo elettronico potrà mai sostituire questo. La voce di un genitore che legge, come tu giustamente ricordi, è insostituibile: è presenza, è calore, è attenzione vera. I bambini distinguono benissimo chi li ama davvero da chi delega per stanchezza o indifferenza.
In questi giorni, le statistiche ci dicono che circa 20 milioni di italiani sono impegnati nella corsa agli ultimi regali di Natale, per un giro d'affari che sfiora i 9,5 miliardi di euro, con una spesa media di circa 250 euro a persona. Si regalano soprattutto capi di abbigliamento, cosmetici, profumi, giocattoli. I libri restano marginali. Eppure costano meno e rendono di più. Non nell'immediato, forse, ma nel tempo sì. E il tempo, se non ce ne siamo ancora accorti, è la vera ricchezza che stiamo dilapidando. Regalare un libro significa fare sapere a un bambino o a un ragazzo: «Mi importa di ciò che diventerai, non solo di ciò che possiedi». È un atto controcorrente, quasi sovversivo, in una società che confonde il consumo con l'affetto e la quantità, o il prezzo, con il valore.
Se vogliamo davvero fare qualcosa di buono per i nostri figli e per i nostri nipoti, forse dovremmo ricominciare proprio da qui: meno pacchi, meno frenesia, meno tecnologia usata come babysitter; più tempo, più parole, più libri. Natale, in fondo, nasceva per questo, ossia per ricordarci l'essenziale. Siamo noi che ce ne siamo dimenticati.