Controcultura

Il sogno del Nicaragua per ora s'infrange con la lentezza cinese

Un progetto da 40 miliardi, che farebbe impallidire le vie dell'acqua panamensi Ma, sopralluoghi a parte, è tutto fermo

Dovesse mai diventare realtà, per queste terre sarebbe l'equivalente contemporaneo dell'arrivo dei colonizzatori spagnoli. Nulla più, nulla meno. Il progetto del canale del Nicaragua, un colosso di ingegneria da far impallidire per dimensioni tutti e due i canali di Panama, potrebbe cambiare i destini del Nicaragua così come oltre un secolo fa ha cambiato quelli di Panama. Un sogno per il governo sandinista di Daniel Ortega, che da sempre punta ad alleviare la povertà dei propri abitanti, ma non sembra ancora riuscito a trovare la strada giusta. Un sogno cinese, visto che la concessione cinquantennale (rinnovabile per altri 50) se l'è aggiudicata l'Hong Kong Nicaragua canal development, società privata guidata da Wang Jing, imprenditore nel campo delle telecomunicazioni che ha deciso di costruire canali dall'altro lato del Pacifico. Peccato però che a oggi sia più che altro un progetto con molti annunci e poche certezze. Del resto quello cinese è solo l'ultimo tentativo di scavare un canale in Nicaragua. Fin dall'arrivo degli spagnoli ci sono stati oltre 70 diverse proposte di costruire una rotta marittima che tagli i 52 metri di altitudine dell'istmo di Rivas e unisca Atlantico e Pacifico. Avventurieri spagnoli, ingegneri inglesi, investitori americani, perfino un progetto firmato di suo pugno da Napoleone III: tutti hanno messo l'occhio su questo tratto di Centroamerica. Ma tutti non hanno realizzato altro che progetti di carta rimasti sul tavolo da disegno.

A livello ingegneristico il principio del Canale Transoceanico del Nicaragua, così si chiama ufficialmente, è grossomodo lo stesso del canale di Panama: si sfruttano le acque di un lago esistente, il lago Nicaragua a 32 metri sul livello del mare e si scava un canale lungo dieci chilometri e un sistema di dighe che permetta di elevare le navi fino al lago e poi farle discendere. Si entra dalla foce del fiume Brito sul Pacifico e si arriva fino a Punta Gorda sul mar dei Caraibi: ben 278 chilometri di navigazione, quasi il triplo del canale panamense. Costo stimato (al ribasso), circa 40 miliardi di dollari, ovvero l'intero Pil del Nicaragua per quattro anni. Soldi che, secondo gli accordi di concessione firmati nel 2013 dal governo sandinista e approvati in Parlamento con soli due giorni di discussione e 4 voti contrari, dovrebbe mettere in toto il magnate cinese. Il quale dal canto suo ha assicurato di avere già trovato finanziatori ben disposti a investire in cambio dei proventi delle tasse di transito che in pochi anni. Proventi che solo per in minima parte, l'1% si dice, finirebbero nelle casse del governo di Managua. In seguito ogni dieci anni il governo acquisirebbe un dieci per cento di proprietà, fino a diventare totalmente titolare dei diritti del canale nel giro di un secolo. A patto, ovvio, che tutto venga realizzato. I lavori sono ufficialmente iniziati con una cerimonia il 14 dicembre 2014 e secondo gli annunci dovrebbero durare cinque anni. Ma un nastro tagliato e una cerimonia di inaugurazione non garantiscono nulla, specie per un'opera titanica come questa. Anche se è vero che lungo il tragitto del canale sono stati effettuati diversi sopralluoghi di operai cinesi, e dal lato Pacifico è stato costruito un campo base vigilato dall'esercito. Eppure un'inchiesta del quotidiano britannico The Guardian ha cercato di fare luce sull'azienda che dovrebbe costruire il canale. Risultato: non sono riusciti a trovare l'ufficio di Hong Kong dove la compagnia avrebbe sede. Altre inchieste giornalistiche sono arrivate a capire che Hknd group altro non è che la capofila di una rete di 15 imprese con interessi vari, dalle telecomunicazioni alle miniere in Cambogia. Secondo altre fonti il 43enne Wang sarebbe di umili origini, nato a Pechino da padre impiegato, madre pensionata, una sorella, una laurea mai conclusa in medicina tradizionale cinese all'università dello Jianxi. Eppure avrebbe già investito oltre cento milioni di euro nel progetto. Qualcuno sospetta che dietro di lui ci sia il governo di Pechino, interessato a garantirsi un altro accesso all'Atlantico per sostenere i suoi commerci con la costa Est degli Stati Uniti. Ma ovviamente si tratta solo di speculazioni. Quel che si sa è che per ora non c'è nulla di certo, solo qualche carriola di terra scavata e qualche paletto piantato sulla costa del Pacifico.

Osvaldo Spadaro

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