Roma«Sogno una generazione nuova di italiani e di cattolici che avvertono la responsabilità davanti a Dio decisiva per lagire politico». Sogna «ad occhi aperti» il cardinale Angelo Bagnasco, che ieri, aprendo i lavori del Consiglio permanente della Cei ha auspicato un rinnovato impegno dei cristiani in politica, ha parlato della crisi affermando che lItalia la sta superando meglio di altri Paesi, ha criticato fortemente i media che per interessi di parte denigrano lItalia, ha messo in guardia dal sottovalutare il dissesto idrogeologico del Paese, ha invocato umanità nel trattare il problema dellimmigrazione.
Il «sogno» del cardinale per una nuova classe politica cristiana arriva a conclusione della lunga e articolata prolusione: «Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede - ha detto Bagnasco - vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici» che «sentono la cosa pubblica come importante e alta» e per essa «sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l'agire politico». Parole dalle quali traspare uninsoddisfazione di fondo per il ruolo attuale dei cattolici in politica.
Parlando del clima politico nel nostro Paese, il presidente dei vescovi ha ripetuto lappello al «disarmo degli animi» già lanciato nel novembre scorso da Assisi, e ha ricordato lepisodio «violento ed esecrabile» contro Berlusconi in piazza Duomo, notando come «maestri nuovi del sospetto e del risentimento sembrano talora riaffiorare» con il rischio di «resuscitare mostri del passato». Bagnasco ha quindi affrontato il tema dei media notando come si arrivi talvolta «a denigrare il Paese intero pur di far dispetto alla controparte», invitando giornali e Tv a non «cadere nel sistematico disfattismo o nellautolesionismo di maniera». Un riferimento neanche tanto velato al modo con cui si enfatizzano i problemi dellItalia per motivi politici. Il cardinale chiede sia data «una giusta considerazione ai successi conseguiti ad esempio sul fronte della lotta alla criminalità, o delleccellenza medico-scientifica». E indica come «obiettivo urgente, ma colpevolmente sempre rinviato», quello delle riforme.
Sulla crisi, il presidente dei vescovi osserva come lItalia sia rimasta «almeno in parte al riparo dagli scossoni più violenti» e oggi sembri «aver colto con una certa prontezza la via della ripresa», grazie «ad una serie di salvaguardie del nostro sistema economico e finanziario complessivo, che sono state rafforzate, ma anche grazie allintraprendenza delle nostre imprese». Certo, aggiunge Bagnasco, si parla di «una relativa attenuazione delle aree di sofferenza», ma non si può dimenticare che la crisi «ancora morde su segmenti deboli della popolazione» e «molte famiglie sono giunte a fine anno con la consapevolezza di un peggioramento» delle loro condizioni. Il cardinale sollecita le banche a una politica del credito «più attenta alle esigenze delle aziende in affanno».
Sui fatti di Rosarno, il porporato ha usato parole dure, definendo «non umano» lo «standard» di vita degli immigrati, e notando come lopinione pubblica «abbia con loccasione potuto avviare una riflessione che nessuna ruspa può facilmente rimuovere». Il «cuore del problema», spiega Bagnasco, è ripartire dal significato della persona: «Un immigrato è un essere umano, da rispettare e con diritti e doveri. Niente può farci dimenticare questa verità: limmigrato è uno di noi; noi italiani siamo stati a nostra volta immigrati, e prima di noi lo è stato Gesù».
Il presidente della Cei ha anche parlato dei cambiamenti climatici e del dissesto idrogeologico dellItalia, e dopo aver riservato «una parola di convinta ammirazione e gratitudine» alla nostra Protezione civile, ha citato gli «allarmi inascoltati» e «segnalazioni non accolte», invitando alla prevenzione come unica via per evitare «a una popolazione come la nostra una successione macabra di tragedie». Infine, Bagnasco a chiesto ai «pubblici poteri» di intervenire per far sì che la sperimentazione della pillola abortiva RU486 non introduca «una prassi di banalizzazione ulteriore nella tutela della vita umana».
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