Controcultura

Il sogno spezzato degli ultimi duchi di Milano

A volte il momento più interessante di una dinastia non è quello della sua grandezza ma quello della sua caduta.

Il sogno spezzato degli ultimi duchi di Milano

A volte il momento più interessante di una dinastia non è quello della sua grandezza ma quello della sua caduta. Verrebbe da dirlo anche parlando degli Sforza. Soprattutto leggendo Gli ultimi duchi di Milano (Mondadori) di Carlo Maria Lomartire. Il romanzo, appena arrivato in libreria, giunge a chiudere il ciclo che il giornalista scrittore ha dedicato alla schiatta generata da Muzio Attendolo detto lo Sforza (i due volumi precedenti sono (Sforza e Il Moro, sempre per i tipi di Mondadori).

Al centro di quest'ultimo capitolo della narrazione due fratelli molto diversi tra di loro: Ercole Massimiliano Sforza (1493-1530) e Francesco II Sforza (1495-1535). Dopo la caduta di loro padre, Ludovico il Moro, che aveva voluto giocare con le alleanze transalpine sino a rimanerne poi schiacciato, i due rampolli di casa Sforza erano cresciuti a Innsbruck sotto la protezione dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo (1459-1516). La protezione imperiale - Massimiliano aveva incamerato assieme ai due piccoli Sforza 60mila ducati, 12 carri di corredo, e un cospicuo quantitativo di gioielli - dipendeva sia dalla presenza a corte di Bianca Maria Sforza (seconda moglie dell'imperatore) sia dalle contingenze politiche che spingevano l'Impero a contrastare la penetrazione francese nel ducato di Milano che era «l'antemurale d'Italia». Questo scontro di potenze in cui erano coinvolte anche la Serenissima, il Papato e soprattutto la Spagna, per due volte sembrò volgersi a favore dei due Sforza. Nel 1512 il primogenito Ercole Massimiliano tornò a sedere sul trono dei Duchi di Milano aiutato dalle alabarde dei mercenari svizzeri. Instabile e molto attratto dalle donne, si rivelò ben poco adatto al ruolo che perse nel 1515, quando i francesi si ripresero la Lombardia con la grande vittoria nella battaglia di Marignano. Qualche anno dopo toccò al molto più accorto Francesco II che si impegnò in un attento equilibrismo che lo portò prima a tornare sul trono (nel 1521) con l'aiuto del nuovo imperatore Carlo V e poi a dover contenere l'invadenza imperiale appoggiandosi ai francesi. Ma in questo caso a fermare le speranze di rinascita del casato ci si mise la malattia. Francesco II morì, ormai quasi cieco, nel 1535. E Milano passò alla Spagna.

Ormai solo un tassello di un gioco politico molto più grande, in cui l'Italia era diventata solo una ricca preda.

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