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Il sogno stellare di catturare la fusione del sole

Dobbiamo imparare ad apprezzare le comete: predicono una moltitudine di eventi. Certo, a volte le previsioni possono non essere gradite, come non lo furono a Nerone, che - racconta Tacito - fece un massacro di presunti congiurati dopo che la vista di quella di Halley gli predisse un colpo di stato; e non lo furono neanche ad Erode, ma in quel caso solo lui non apprezzò la buona novella. Insomma, visto che dobbiamo convivere con le comete, tanto vale studiarle. Lo scorso mese, la navicella spaziale «Deep Impact» osservò il materiale emesso in seguito ad un paio di spontanei «starnuti» di una cometa il cui nome non poteva scegliersi meno accattivante. Per rendere più efficaci e ricche quelle emissioni - nuvole di gas e ghiaccio - e quindi per osservarle meglio coi telescopi spaziali e di terra, gioverà il più potente starnuto provocato dalla collisione di un proiettile di alcuni quintali scagliato da «Deep Impact» a quasi 40mila km/h contro la cometa.
Certo, non è facile per il profano valutare il pregio di ognuna delle molte missioni scientifiche di cui veniamo informati sempre più spesso. La prossima settimana apprenderemo che la Nasa lancerà un altro Shuttle. E la settimana scorsa apprendemmo della definizione del sito (in Francia) per il progetto internazionale sperimentale per la costruzione di un reattore termonucleare (Iter). Che la fusione nucleare vada studiata non vi sono dubbi: avviene nel sole - ove i nuclei reagenti sono compressi grazie alla formidabile forza di gravità e alle violente collisioni che avvengono a quelle alte temperature - e la speranza di riprodurla in laboratorio è il sogno, forse realizzabile ma fino ad oggi ancora in corso, degli ultimi 50 anni. Legittimo sognare, purché il sogno della fusione non ci porti a trascurare la realtà della fissione.
Quel che invece mi lascia perplesso sono i megaprogetti di cooperazione internazionale. Non tanto perché tutti i precedenti sono stati un misero fallimento: prima il Supercollider, progetto interrotto 12 anni e 12 miliardi di dollari dopo il concepimento (il parto - anzi, l'aborto - fu 20 km di tunnel, rimasto interrotto); e poi la Stazione spaziale internazionale, un inutile pachiderma da sempre in agonia e che fa il paio con le missioni degli Shuttle. Di Iter si parla sin dalla notte dei tempi, ormai. Quindici anni fa si discuteva già su dove allocare il centro di ricerca, se in Usa, Giappone, Russia o Europa. Dopo un anno e mezzo di discussioni mirate si decise che era meglio non discuterne, e che se non si fosse trovata la soluzione si sarebbero costruiti ben tre centri, così pittorescamente concepiti: in Usa, guidato da un russo, in Russia, guidato da un americano, e in Giappone, guidato da un europeo. Oggi, dopo 15 anni, sembra che si abbia il sito unico.

La cooperazione può riprendere: forse è la novella che questa cometa intendeva annunciare.

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