Cronaca locale

SOIRÉE DE GALA al Piccolo Planchon cowboy del teatro

Fino a giovedì il racconto ispirato ad alcune novelle di Anton Cechov

Igor Principe

Dice di sé: «Sono un cowboy del teatro». E si spiega raccontando che fino a quindici anni faceva il guardiano di vacche nella campagna francese. Ma Roger Planchon si può pensarlo anche come un cowboy lanciato sulle praterie di due discipline - teatro e cinema - per rintracciarne nuovi territori. Grande vecchio della cultura europea, approda al Piccolo con uno spettacolo costruito con le mani esperte di un agricoltore della scena. «Ho preso Cechov - spiega -, ne ho mantenuto gli elementi essenziali, l'ho sfrondato di un po' di Russia e al suo posto vi ho messo un bel po' di Francia. Ciò mi obbliga a dichiarare allo spettatore: il meglio appartiene a Cechov; per me, rivendico il peggio».
Oggetto dell'esperimento è Soirée de gala, che inaugura la stagione del teatro Strehler (da stasera a giovedì 28). L'ispirazione muove da alcune novelle giovanili del grande letterato russo - tra cui Ninotchka, Calchas, Un auteur dramatique, Elle et lui - dalle quali Planchon intendeva trarre un racconto cinematografico.
«Il committente stabilì due condizioni - dice il regista -: doveva essere un Cechov con personaggi non russi, e il protagonista doveva essere un vecchio attore istrionico e dagli atteggiamenti anche imbarazzanti. Stavo lavorando ai dialoghi per il film quando è emerso uno scenario che mi ha portato a farne uno spettacolo teatrale».
Il risultato si è tradotto in un sentito omaggio all'arte teatrale e a quei personaggi, al contempo intollerabili e profondamente umani, che ne scrivono le pagine migliori. Non a caso, ad essi un tempo veniva dedicata la soirée del titolo, momento di caotico e toccante commiato dal pubblico.
«In Francia, fino al 1913, era consuetudine organizzare una serata finale per l'attore che si ritirava dalle scene - racconta Planchon -. Al pubblico costava anche un bel po'. La commedia ne descrive la preparazione e le ore che seguono la rappresentazione, e vede come interpreti tre uomini e tre donne coinvolti dall'evento e costretti a sopportare le angherie e le bizze dell'attore. In alcuni casi ho preso in prestito da Cechov la struttura di una sua novella, in altri ho devotamente riprodotto qualche passaggio. Non potevo fare altrimenti: proprio nelle sue novelle giovanili ho ritrovato le frasi esatte per poter parlare dei grandi attori egocentrici che ho conosciuto in passato».
Un'appropriazione che Planchon rivela quasi sottovoce, con un pudore dettato proprio da ciò che lo lega al grande russo: «Solo 7 o 8 anni fa ho messo in scena il mio primo Cechov in una piccola pièce. Mi capita sempre con gli attori che amo: per una forma di rispetto esito a metterli in scena».
Questa volta ha ceduto, mosso dal desiderio di celebrare il mondo del teatro in un luogo - il Piccolo - a lui molto caro. «Essere qui è bello e al tempo stesso importante - conclude Planchon -. Quando avevo 19 anni salivo in treno e venivo fino a Milano per vederne gli spettacoli. Nella sua storia questo teatro è rimasto fedele all'esigenza di formare una nuova e grande coscienza europea.

È una buona ragione per averne rispetto e ammirazione».

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