In principio fu Isabella, «la duchessa dei diavoli», spadaccina seicentesca incline ai piaceri del sesso, probabilmente ritagliata sulla figura cinematografica di Angelica, «la marchesa degli angeli». Era laprile del 1966, ogni albo, edito dalla «Sessantasei» di Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon, costava 150 lire. Dentro quelle pagine in bianco nero, formalmente «per adulti», un vago profumo di trasgressione, molto intonata alle segrete tempeste ormonali degli adolescenti di allora. Fu un successo clamoroso. Anche se, a sfogliarli oggi, quei giornaletti suscitano quasi tenerezza per la loro ingenuità grafica, il modo castigato di raffigurare nudità e amplessi. Poi vennero la piratessa Jolanda (disegnata dal giovane Milo Manara), la nazistoide Hessa, la medioevale Lucrezia. Finché, intercettando il desiderio dei lettori, i due editori coniarono la vampira a fumetti più gettonata e longeva: Jacula. Nome alquanto evocativo, nonostante lelisione cruciale di una «e». Carina, bionda, ben tornita, uneroina sensuale e crudele capace di anticipare lamericana Vampirella e di mordere colli per ben 327 numeri, dal 1969 al 1982.
Jacula e tre delle sue sorelle, cioè Zora, Sukia e Yra, rivivono ora in una raccolta pubblicata da Rizzoli col titolo: Vietato ai minori. Vamp e vampire (pagg. 333, euro 18). Scrive il curatore Graziano Origa: «A lungo screditata, la produzione erotica rappresenta un momento fondamentale nella storia del fumetto italiano. Riscoprirla significa ritrovare un immaginario segreto, lugubre e conturbante, un universo violento e voluttuoso. Un mondo vietato».
E sia. Popolati di gotici castellani e di fanciulline allegre, tra sortilegi, torture e guêpière, quei fumetti favorirono lapprendistato sessuale di due generazioni di italiani, tanto da finire celebrati da «Elio e le Storie Tese» nella canzone Supergiovane o rivalutati in chiave stracult dai «Manetti Brothers» nel film Zora la vampira. Trash? Può darsi. Certo erano in linea con il gusto dellepoca, riassunto dalle forme di Edwige Fenech, sempre spiate da Alvaro Vitali. Come notano Diego Cajelli e Marco Schiavone, «se si può identificare un tratto comune nellampia produzione di quegli anni, questo è la generale solarità dellerotismo proposto: storie che, pur con la dovuta esposizione di forme... sfociavano nella commedia dellarte, seguendo la secolare intuizione boccaccesca».
Ma poi, con larrivo del sesso esplicito su Internet, anche il priapesco Lando sembrò un reperto del passato. Sicché negli anni Novanta il fumetto erotico diventa dautore, perdendo il suo lato naïf, per rivolgersi a un pubblico specializzato, «incuriosito dal fetish e dal bondage, dalle fantasie di John Willie o dal sado-maso di Georges Pichard». Insomma, «un erotismo radical chic». Sono ancora Cajelli e Schiavone a parlare, presentando il volume Alta infedeltà - Il meglio delleros italiano a fumetti (Mondadori, pagg. 176, euro 12). In effetti, il tratto si fa più raffinato, lo sguardo più malizioso, il sesso senza censure, con affondi hard intrecciati a citazioni letterarie (Wilde, DAnnunzio).
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