Soldati italiani sull’orlo del vulcano: «Nel sud situazione sotto controllo»

L’attività delle forze Onu sorvegliata dai miliziani sciiti

I militari italiani nel Sud del Libano gettano acqua sul fuoco e garantiscono che la situazione è sotto controllo. «Quattrocento pattuglie continuano ad uscire senza cambiamenti di rilievo e non si segnalano disordini», assicura il tenente colonnello Enrico Mattina, portavoce della missione Unifil. Almeno nella versione ufficiale non sembrano rendersi conto di trovarsi sull’orlo di un vulcano, che rischia di eruttare nella nuova guerra civile libanese. «Per il momento non abbiamo ricevuto alcuna indicazione o segno di disordini e non è stato richiesto un potenziamento delle misure di sicurezza», spiega via telefono Mattina dal quartier generale dei caschi blu a Naqura. Si riferisce alla zona di competenza dei 13.291 soldati di 28 nazioni, compresi 2.141 italiani, a sud del fiume Litani.
Un centinaio di chilometri più a nord le milizie armate del partito sciita Hezbollah hanno preso il controllo di metà capitale spazzando via i sunniti. Mattina di Beirut nemmeno ne parla, ma sembra ignorare anche la provocazione delle milizie sciite a Tiro, la grande città nell’area di competenza dei caschi blu. Ieri i miliziani di Amal, il partito del presidente del Parlamento Nabi Bherri, alleato di Hezbollah, hanno fatto i bulli negli uffici del mufti sciita di Tiro, Sayd al Amin. Un esponente religioso moderato che critica fortemente sia Amal che Hezbollah e per questo è nel mirino.
«Sono entrati armati all'interno dei nostri uffici di Tiro - ha spiegato il mufti alla televisione Al Arabiya -. La nostra è una missione religiosa e non politica. Ciò che sta avvenendo in Libano non sarebbe mai dovuto accadere». Secondo altre fonti i miliziani di Amal hanno voluto solo piantare la loro bandiera nell’anticamera dell’ufficio-moschea del leader religioso. L’esercito libanese è intervenuto e i facinorosi sono stati allontanati, ma la provocazione dimostra il clima che si respira anche nel sud del Libano. Hezbollah e Amal stanno assumendo il controllo armi in pugno e chi si oppone finisce male.
Segnali di allarme erano già arrivati. Fra il 30 ed il 31 marzo un camioncino sospetto era sfuggito al controllo dei soldati italiani per l’intervento di due gruppi di armati. Come rivela Panorama nel numero in edicola ci sono stati altri due incidenti simili. Lo ha confermato lo stesso generale degli alpini, Claudio Graziano, in un briefing all’ex ministro della Difesa Arturo Parisi. Ovviamente nessuno ha accusato Hezbollah parlando genericamente di «uomini armati». Secondo Panorama il generale della Brigata Ariete, Paolo Ruggiero, appena rientrato dal cambio di comando dei caschi blu italiani a Tibnin, ha raccontato che i nostri soldati sono riusciti a scovare 248 bunker in cemento armato e diversi depositi di armi. Però «tutte le nostre attività sono costantemente monitorate dai servizi di vedetta, a piedi o in motorino» del partito armato sciita.

«Stiamo monitorando ciò che accade e siamo pronti a reagire se la situazione cambiasse» è l’unica concessione realistica del tenente colonnello Mattina. Per il resto sembra che i nostri soldati non si trovino in Libano, ma su un altro pianeta.

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