Sposetti è uno che guarda al sodo e se ne frega di inseguire gli umori della pubblica opinione. Del resto, chi meglio di lui sa quanti soldi e fatica ci vogliono per mandare avanti l’enorme baraccone dei partiti? E così, in pieno trend «anti casta», ha lanciato il suo sasso nello stagno. Ben sapendo che si sarebbe attirato gli anatemi di molti, anche nel suo schieramento. E infatti dai prodiani arriva subito la bocciatura di Franco Monaco. Che si dice «grato» a Sposetti perché «pur con i suoi toni grevi e insolenti», egli ha posto «una questione politica di prima grandezza, decisiva per il profilo del Pd, che merita di essere discussa. Noi naturalmente - precisa - pensiamo l’esatto contrario di lui: il Pd va pensato e realizzato per ridurre i costi della politica e dei partiti». Anche perché, fa notare Monaco, «i contributi pubblici ai partiti, sotto la forma ipocrita di rimborsi elettorali, sono già stati esponenzialmente aumentati negli ultimi anni». E questo nonostante che «un referendum, puntualmente aggirato, imponesse la loro cancellazione». In ogni caso, resta il fatto che «il Pd che vogliamo noi è l’opposto di quello che vuole Sposetti», e che Monaco sollecita maliziosamente Walter Veltroni, «che noi rispettiamo e stimiamo», a «dire la sua» anche su questa spinosa materia.
Contro l’esplicito tesoriere della Quercia parte in quarta anche uno degli sfidanti di Veltroni, l’outsider Mario Adinolfi, che in una lettera aperta all’Unità si dice «preoccupato», e invita Sposetti a «darsi una bella calmata». Perché «rivolere il finanziamento pubblico dei partiti è una follia, i denari che i partiti drenano dalle pubbliche tasche è davvero troppo. Rizzo e Stella (gli autori della Casta, ndr) fotografano una realtà agghiacciante del rapporto tra politica e soldi in questo Paese, altro che frescacce. Una realtà che va drasticamente cambiata e certamente non con il ritorno al finanziamento pubblico, peraltro garantito attualmente in modo enorme e ingiusto dal sistema dei rimborsi elettorali». Si indigna anche l’Italia dei valori di Tonino Di Pietro, che con Silvana Mura tuona: «Con tutti i soldi che prendono i partiti, vogliamo anche tornare al passato col finanziamento pubblico? La proposta per noi è inaccettabile, ma sarei proprio curiosa di sapere cosa ne pensa Veltroni di questa richiesta di Sposetti. Come gli risponderà?».
La segretaria radicale Rita Bernardini ricorda i due referendum promossi e vinti dal suo partito contro il finanziamento pubblico dei partiti. «Quanto a Sposetti - aggiunge - le sue affermazioni di oggi non mi stupiscono perché sono coerenti con ciò che ha sempre sostenuto. Meno chiaro è semmai come abbia potuto risanare il bilancio dei Ds, perché un buco di mille miliardi di vecchie lire ripianato in tre anni non è scherzo che possa essere spiegato con battute spiritose come spesso ama fare Sposetti».A dar manforte al tesoriere dei ds arriva solo un esponente popolare della Margherita, Giorgio Merlo: per lui Sposetti «ha ragione a dire no a un partito di élite».
E se la prende con i prodiani e gli ultrà ulivisti: «Avrei difficoltà a stare in un partito dove le regole vengono dettate dall’ineffabile professor Vassallo e da tutti coloro che vivono la politica come un prolungamento di una concezione salottiera, aristocratica e saccente. Il Pd non potrà mai essere appaltato a un gruppo di pseudointellettuali. I partiti richiedono risorse adeguate: certo nel rispetto della più severa trasparenza, ma l’alternativa è di consegnare la politica a chi possiede mezzi e risorse estranei ai ceti popolari».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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