L’Italia dei livori, dei favori, dei malumori. E dei televisori. Ci mancava pure questa per Tonino. Non bastavano le grane che gli piovono addosso dalla Campania, dove il suo partito è come un budino: trema tutto. Ora anche gli Svizzeri ci si mettono. Leggere per credere l’inchiesta che ha pubblicato Italiani nel mondo, un quotidiano con sede a Roma e Buenos Aires e che segue le (dis)avventure degli eletti all’estero. Tra questi c’è anche un uomo di Di Pietro, l’onorevole Antonio Razzi, ex operaio tessile abruzzese emigrato diciassettenne a Lucerna, eletto a sorpresa nell’Idv alle ultime elezioni, circoscrizione Europa.
Per farla breve il quotidiano riporta le accuse che il Centro Regionale Abruzzese di Lucerna (Cral), associazione degli abruzzesi-elvetici, muove contro il deputato che per 25 anni l’ha guidata. «Che fine hanno fatto i soldi?» è il refrain costante della recriminatoria fatta all’unisono dal presidente, dall’economa (sic), dal cassiere e dai «numerosi testimoni presenti all’assemblea» a cui partecipa il cronista di Italiani nel mondo, Antonio Zulian.
«In sostanza - racconta nel pezzo - documenti ed estratti conto alla mano, Razzi avrebbe confuso i suoi conti privati con quelli dell’associazione, cioè avrebbe fatto pagare a questa persino il conto del medico, dei due televisori al plasma (uno per lui) acquistati per il circolo, le sue spese di telefonino (circa 5000 franchi in un solo anno!), anche una multa e quant’altro». Altro come per esempio «i contributi straordinari chiesti alla Regione Abruzzo per i danni subiti dal circolo nel 2005 in seguito a un’alluvione, si parla di ben 76.750 franchi svizzeri». Non basta, la lista dei conti che non tornano continua: 152mila franchi per assicurazioni varie. Numeri a cui segue una domanda inquietante: «Il costo delle spese sostenute presentatoci a suo tempo dall’ex presidente Razzi ammonta a 54mila franchi.. Il resto dove è andato a finire?». Delle spese si sarebbe persa documentazione perché, dice la presidente del Cral nel pezzo: «Quando Razzi aveva ancora le chiavi dell’ufficio anche se non era più presidente, a nostra insaputa si è portato via tutto, dischetto e computer».
Accuse pesantissime a cui Razzi ha immediatamente risposto con una lettera al quotidiano, in cui respinge ogni addebito e minaccia azioni legali. Il direttore ha quindi risposto alla risposta e Razzi, oggi, ricompare sul giornale con una risposta alla risposta della risposta. Insomma un rebus di attacchi e controattacchi, che Razzi spiega così al Giornale: «Ma è incredibile quello che scrivono, mi sono sacrificato 25 anni per quell’associazione trascurando moglie e figli, ci ho messo qualcosa come 42mila franchi miei per mandarla avanti, mi sono venduto pure i lingotti d’oro! E poi dopo tutto questo tempo tirano fuori queste cose, perché io sono lontano, qui a Roma. Mi hanno anche proposto di diventare presidente onorario, non capisco proprio. Le spese? Ma scherziamo, è stato tutto approvato dai revisori dei conti, che mi vengono a dire ora?». Il legale di Razzi riferisce inoltre di aver inoltrato la querela a Italiani nel mondo.
E pensare che per Razzi la giornata era partita bene. La giunta per le elezioni della Camera ieri si è pronunciata, non definitivamente, su una querelle che lo vede contrapposto ad un altro dipietrista, l’ex capolista della circoscrizione Europa, Pasquale Vittorio, pizzaiolo in Stoccarda. Ebbene, Vittorio (grande amico di Gabriele Cimadoro, cognato di Di Pietro) era l’uomo che Tonino voleva mandare in Parlamento. Ma siccome all’estero si vota con le preferenze, la posizione da capolista non basta. Razzi lo ha battuto sul filo di lana, per una manciata di voti, e Vittorio ha fatto ricorso per ricontare tutte le schede. La giunta della Camera però ha proposto ieri l’archiviazione, dando ragione a Razzi sulla piena legittimità del suo scranno a Montecitorio.
paolo.bracalini@ilgiornale.it
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