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Solidarietà: i soldi degli invalidi utilizzati per comprare le case

La truffa dell’Associazione Anici: incassava fino a due milioni di euro l’anno dalla presidenza del Consiglio per curare i disabili. Invece acquistava palazzi

Solidarietà: i soldi degli invalidi 
utilizzati per comprare le case

Aveva truffato lo Stato non una ma due volte. Con i soldi che la Presidenza del consiglio girava alla sua onlus, aveva comprato un immobile a Torino, poi, non contento, Costantino Rossi l’aveva affittato per mille euro al mese all’ente di cui era presidente: l’A.N.I.CI, Associazione nazionale invalidi civili. È una storia davvero imbarazzante quella scoperta dai finanzieri del Nucleo regionale dell’Abruzzo. Una vicenda inquietante da tutti i punti di vista: a quanto pare nulla andava per il verso giusto e la solidarietà proclamata ai quattro venti era solo e soltanto di facciata. L’A.N.I.CI. riceveva un contributo importante, sostanzioso, continuo nel tempo. Solo nel 2004, per capirci, 1,2 milioni di euro. Soldi che sulla carta dovevano aiutare le persone con handicap, ma, secondo le Fiamme gialle, agli svantaggiati arrivava poco o nulla. Forse 500mila euro nell’arco di un quinquennio. Briciole.
Il resto prendeva un’altra strada e serviva a lustrare il tenore di vita e il patrimonio immobiliare del Presidente, Costantino Rossi. Il metodo escogitato per dirottare i denari era abbastanza semplice: Rossi prelevava dai conti dell’A.N.I.CI, riforniti da Palazzo Chigi. O meglio, utilizzava gli assegni per fingere questa o quell’operazione che doveva servire solo per confondere le idee agli eventuali controllori e poter poi disporre di un consistente gruzzolo in contanti. In un caso, per esempio, Rossi aveva indirizzato un assegno al segretario dell’ente, Luigi De Angelis: sulla carta De Angelis doveva comprare un terreno e il Presidente voleva dargli una mano. Stranamente, però, l’operazione era saltata e i denari, monetizzati, erano tornati nella disponibilità di Rossi che li aveva spesi a suo piacimento.
E proprio da una transazione bancaria sospetta parte nel 2005 l’inchiesta, denominata Good life: il Nucleo valutario delle Fiamme gialle segnala ai colleghi dell’Aquila che qualcosa non quadra. L’inchiesta, condotta dalla Procura di Avezzano, è lunghissima e cozza contro un ostacolo quasi insormontabile. Stranamente i vertici dell’A.N.I.CI hanno fatto denuncia, sostenendo che tutta la contabilità dell’organizzazione, e in particolare proprio gli anni nel mirino dei militari, è stata rubata.
Le Fiamme gialle devono tornare in banca e verificare uno per uno ventimila assegni. Il quadro che emerge è sconfortante: gran parte dei fondi ricevuti da Roma serve solo per soddisfare le esigenze del Presidente. Non solo: molte sedi dell’A.N.I.CI sono fasulle. E a coronamento di tutti i sospetti si scopre che nel febbraio 2006 Rossi e De Angelis sono stati condannati per fatti analoghi dal tribunale di Roma a 3 anni di carcere.
Eppure i finanziamenti sono andati avanti. Per anni. Regolarmente. Ogni dodici mesi l’A.N.I.CI ha incassato 1,2-1,3 milioni di euro; nel 2000 il contributo record ha sfiorato i 2 milioni.
Alla fine, la coppia Rossi-De Angelis viene arrestata e, colpo di scena, da un garage affiorano tutte le carte di cui era stato denunciato il furto. Non era così, erano state nascoste per evitare che qualcuno mettesse il naso in quello scandalo. Rossi e De Angelis restano in carcere quaranta giorni, per qualche tempo agli arresti domiciliari, infine patteggiano per limitare i danni: evitano così di dover scontare la pena in cella.
Ma non finisce qui. Le Fiamme gialle ricostruiscono tutto il reticolo di appartamenti e case nel portafogli di Rossi. Alcuni immobili sono stati acquistati con i soldi destinati agli invalidi: quello di Torino e un altro a Roma, in via del Tritone. Certo, Rossi è proprietario di numerose case, fra il Lazio e l’Abruzzo. E su quei beni mette le mani la Corte dei conti che procede per recuperare il danno erariale, stimato, prudentemente, in 1,5 milioni di euro.
L’A.N.I.CI viene finalmente depennata dall’elenco delle onlus. Resta però il problema, drammatico, dei controlli, già sottolineato nelle precedenti puntate di questa inchiesta. Senza la segnalazione del Nucleo valutario, l’inchiesta non sarebbe partita. Ma i problemi c’erano ben prima: i soldi sono stati dirottati per anni, pochi disabili hanno ricevuto un aiuto concreto. È a livello amministrativo, non penale, che le associazioni non profit dovrebbero essere monitorate in tempo reale. E in tempo reale dovrebbero rendere conto dei contributi ricevuti.
Speriamo che al più presto siano potenziati i poteri dell’Agenzia per le onlus. È quello che auspicava in una recente intervista al Giornale il Presidente Stefano Zamagni. Oggi, per fare un esempio, l’Agenzia può aprire un dossier su una certa onlus, studiarne l’attività, arrivare alla conclusione che quella società debba essere tolta dal registro del non profit. Ma a quel punto, l’ente guidato da Zamagni può solo inviare un rapporto alla direzione delle Entrate. Quel parere non è vincolante. Potrà essere preso in considerazione, oppure no.

E così, la farraginosità della norma è il miglior alleato dei furbi travestiti da buon samaritano.

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