Un solo desiderio: torta e festa

La richiesta di un bimbo all’organizzazione «Make a wish»

Un solo desiderio: torta e festa

(...) Entri piano, in silenzio. Un respiro profondo che i bambini li vorresti sempre vedere ridere. Li vorresti sempre accanto a quelli che amano. Ne vieni da una storia brutta di cronaca. Qui è l'armonia. Trovi subito Fabio Frontani, presidente di Make a Wish. Maglietta blu con logo e cappellino. Sono loro che realizzano i desideri. Frontani ha aperto con la sua bella moglie Sune la sede italiana a Genova con ufficio anche a Milano e Roma. «Abbiamo perso nostra figlia Carlotta di dieci anni per una grave malattia. Volevamo creare un'associazione, poi la scoperta di Make a Wish. Da lì il bisogno di far capire ai bambini che nulla è impossibile».
All'estero è presente in trenta Paesi, in Italia la fanno marciare da un anno e mezzo con già ottanta desideri realizzati. «Abbiamo portato qualcuno dal Papa-ricorda Sune-un altro è salito sulla Ferrari. Una ragazzina voleva conoscere Donatella Versace. E una bimba americana voleva entrare in un pastifico italiano».
Sune brilla. Un pò tutti si salutano, si abbracciano. «Ci siamo riusciti». E si stringono. Hai un groppo alla gola. «Devi parlare con Monica, la mamma di Simone». Sune la prende per un braccio e te la porta lì. Tu pensi al pudore, lei ti parla di quell'opuscolo letto per stanchezza al Gaslini, Nelle ore lunghissime dove ti fai tutte le domande del mondo. Dove vedi tuo figlio steso sul lettino e la rabbia che si consuma nell'attesa delle ore senza tempo e dei mesi che hai paura non abbiano domani. Make a Wish. Ma sì. Un numero di telefono, un balbettio, poi il sogno che è desiderio. La torta. La festa. A casa, con quei compagni che gli scrivono le letterine e gli mancano. Anche se lui è solo un bambino e di concetti e ideali poco ne sa. Sa solo cos'è che lo può far stare bene. Gianluca è il papà di Simone.
«La diagnosi di leucemia. Il ricovero a gennaio al Gaslini. Le cure. Papà voglio morire, mi diceva. Poi le lettere dei bimbi con la torta grande che tutti insieme avevano disegnato. Che potevano mangiare se lui fosse sceso da quel letto. Simone si fa forza. Ci pensa. Ne parla a Monica. Perché non realizzarlo».
Fabio e Sune parlano con loro e con il bimbo. Simone ci crede sempre più. Gli serve per superare le crisi. Ieri la piazza non aveva parole. Solo gesti e colori. Arriva Silvana, la maestra del paese. Che quando le anime sono quelle che sono i maestri sono di quella fatta. Si asciuga gli occhi mentre le cola il trucco da clown. «Tutta colpa d'un disegno-cerca di sorridere-Avevo proposto ai bambini di disegnare insieme una torta enorme centrata sul circo. A Simone gli s'è piantata negli occhi. Durante la sua assenza non potevamo andarlo trovare, ma gli scrivevamo. Quando lo dimisero per un paio di giorni gli piombammo a casa contro il parere del medico».Ciascuno ha la sua storia con Simone. Tutti hanno un pezzettino di strada condivisa che li fa stare lì, seduti sugli scalini, appoggiati ai muri, a farsi truccare alla faccia dell'età. La quiete in un'aria satura di gioia. Simone ti da un'occhiata di sbieco. Non ti ha mai vista a Castellaro. Ti buca con gli occhi da gatto sopra i baffi allungati dal trucco. Tu sorridi, lui fa l'ometto. Lo aspettano. Ciao. Ti guardi intorno, le bolle ce l'hai anche in bocca e il groppo s'è allentato in quella normalità d'amore. Le lacrime appartengono ad un altro tempo. A Paola, che ha la figlia Lucrezia a scuola con Simone, chiedi cosa è rimasto tra loro. «Lei sapeva che stava male, poi se l'è dimenticato quando lo ha visto tornare».Efisia e Carlo, genitori di Alberto ed Enrico, confermano: «Il più grande ha metabolizzato l'idea della malattia e la guarigione». E questo piccolo grande desiderio? È la normalità? I loro figli risponderebbero di sì. «Grazie per essere ancora qui - gli vogliono dire - Ce l'abbiamo messa tutta. La nostra positività, il nostro desiderio forse a qualcosa è valso».
Ora Simone non è sotto cura. Il controllo è nel 2007. Ha un fratellino di 18 mesi, Andrea, che gli dà filo da torcere. Ma si può fare. Simone, la torta… La torta del disegno. Lunga. Grandissima. Venti chili di arte circense sviluppata nella tridimensionalità dei trapezi, nel recinto dei leoni, nei clown pasticcioni, negli animali da parata. Simone che fa l'ometto. Simone che si nasconde dietro il trucco. Simone che ha lì tutto suo mondo. Che ha lì il sogno di panna e cioccolato.

Simone che ha materializzato il coraggio e la disperazione. La forza di vivere questa storia sulla piazza del castello. Con chi non l'ha mollato mai. Simone parte da qui, con la faccia nella torta e gli occhi al sogno. Sempre.

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