«Tutto questo allarmismo sui polli è assurdo. Allo stato attuale non esistono focolai d'influenza aviaria, né ha senso parlare di pandemia, visto che in tutto il mondo sono solo 70 le vittime del virus H5N1, la maggior parte delle quali in Paesi con un sistema sanitario molto carente. Non è il caso dell'Italia». Getta acqua sul fuoco Claudio Capurro, veterinario dell'Asl 3, durante il dibattito «In fuga dal pollo» organizzato l'altra sera dall'associazione culturale «Il volano» nella sala Nickelodeon in via della Consolazione.
All'incontro, moderato da Massimiliano Lussana, caporedattore dell'edizione genovese de «Il Giornale», hanno portato il loro contributo Mauro Valsecchi, vice presidente Cna alimentaristi, Stefano Maggiolo dell'Arpal di Imperia, Furio Truzzi, presidente di Assoutenti e Marco Pittaluga, imprenditore avicolo. Da lui si è saputo che durante la psicosi del pollo le vendite di carni bianche in Italia sono crollate dell'80 per cento, mentre oggi le cose vanno un po'meglio. «Ora il calo si aggira intorno al 20 per cento». D'altra parte, racconta sempre l'operatore del settore, nessun Paese possiede un sistema di produzione e conservazione come il nostro. «E nessun italiano comprerebbe mai un pollo "straniero". È anche una questione di costi e convenienza economica. Produrre un pollo in Italia costa meno di 1 euro al chilo. Mentre Capurro ha sottolineato come la Liguria non sia contemplata tra le regioni potenzialmente a rischio. Rispetto a Veneto ed Emilia Romagna «da noi non esistono grandi allevamenti commerciali». Ce ne sono nove in tutta la Liguria e quelli con più di 60 polli vengono sottoposti a prelievi di sangue periodici. Quindi ogni allarmismo è ingiustificato. Tanto più ora che i servizi sanitari e veterinari hanno stretto le maglie per creare un sistema di prevenzione ancora più efficace. Come l'obbligo di registrare le movimentazioni dei volatili destinati a finalità commerciali.
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