«Ma solo i cretini non sanno ricredersi mai»

Giampiero Mughini, lei ha cambiato idea molti anni fa, e radicalmente.
«Certo. Non essendo cretino, non sono rimasto fermo a quello che credevo quando avevo 20 anni. In mezzo ci sono stati i libri, l’esperienza del dolore, la vita».
È normale cambiare?
«Le idee è indispensabile cambiarle, affinarle, persino rovesciarle».
Fa paura?
«Ti addentri in un territorio ignoto. Per me è stata una rottura con la mia generazione. È stato doloroso: gli amici che ti tolgono il saluto...».
Li ha perdonati?
«No, me la sono legato al dito. E poi il tempo ha dimostrato che avevo ragione al duecento per cento».
Cambiamenti spiccioli?
«Da giovane pensavo che le bionde fossero una razza superiore. Per fortuna, con gli anni, mi sono accorto che era una stupidata».
Un punto fermo?
«Solo una cosa, da quando ho 19 anni: lo spettacolo più bello del mondo è la parete di libri che ho di fronte, qui nel mio studio. La prima era nella mia stanzetta di studente: oggi sono a 16mila volumi».
E la Juventus...
«Ovviamente».
La coerenza è un valore?
«La coerenza è stilistica. È la lealtà, l’onore: che la tua parola data valga a vent’anni, a trenta, a quaranta».
È difficile cambiare idea?
«Non è facile.

Alle idee ti ci appiccichi, ti ci aggrappi come a delle stampelle. Chi uscì dal Partito comunista nel ’56 si lasciò un mondo alle spalle. Ma io parlo del passato: il presente è cialtrone. Oggi è già tanto se uno ha delle idee. Figuriamoci cambiarle».

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