Coronavirus

"Soltanto 50 casi, il rischio è moderato". Cina, Oms e scienza: un buco nero di errori

Cluster, tampone, immunità, indice di trasmissione, coronavirus. Parole semisconosciute o inusuali si sono rincorse quotidianamente in 12 mesi di pandemia.

"Soltanto 50 casi, il rischio è moderato". Cina, Oms e scienza: un buco nero di errori

Cluster, tampone, immunità, indice di trasmissione, coronavirus. Parole semisconosciute o inusuali si sono rincorse quotidianamente in 12 mesi di pandemia. Un anno che ne vale cento per come ha deformato la nostra quotidianità. Inizialmente indifferenti, illusi che fosse qualcosa che non ci avrebbe riguardato da vicino, ci siamo poi smarriti e atterriti, aggrappandoci alle poche aperture alla speranza: le terapie, i vaccini, il senso di coesione di fronte a un nemico comune. Molte domande sul coronavirus hanno trovato risposta, per molte altre gli scienziati stanno ancora lavorando. Quella più importante, la più attesa, la stiamo ancora aspettando. Quando finirà?

L'inizio

Come in tutti i film catastrofici, una iniziale serie di indizi annunciava la tempesta all'orizzonte. I segnali però vengono ignorati o minimizzati. Il 31 dicembre del 2019 le autorità sanitarie di Wuhan per la prima volta confermano ufficialmente di aver registrato alcuni casi di polmonite virale di eziologia sconosciuta sui quali si sta indagando. Il mondo scientifico è in allerta da anni dopo l'esperienza della Sars, ma la preoccupazione degli esperti non emerge. Il 4 gennaio l'Organizzazione Mondiale della Sanità con un tweet conferma i casi di polmonite e pochi giorni dopo il New York Times usa la parola censura per quanto sta accadendo in Cina. Il 10 gennaio l'Oms riferisce che le autorità cinesi hanno depositato l'identikit del nuovo coronavirus: la sequenza del suo RNA virale è il primo passo per studiare il virus e contrastarlo.

Le congetture e le bugie

Il coronavirus avrebbe un legame con il mercato Huanan Seafood di Wuhan nella provincia dell'Hubei. Partono le congetture e si parla del salto di specie dall'animale (un pipistrello) all'uomo, ma le notizie che arrivano dalla Cina sono limitate e imprecise. Nel frattempo i casi aumentano e valicano i confini. I medici che denunciano la gravità della situazione vengono censurati e addirittura imprigionati. La John Hopkins University il 17 gennaio apre al sospetto che i casi di polmonite sconosciuta siano migliaia e non 50 come sostiene Pechino. Il 20 gennaio la China National Health Commission conferma che dopo il salto di specie la trasmissione avviene anche da uomo a uomo. Il 23 gennaio Wuhan entra in lockdown, ma oggi sappiamo che il coronavirus era già ovunque.

Omissioni cinesi ed errori dell'Oms

In pochi giorni ci si gioca la possibilità di arginare l'epidemia. La mancanza di trasparenza nelle comunicazioni da parte della Cina e i ritardi nel prendere decisioni drastiche da parte dell'Oms fanno un enorme favore al coronavirus, che dilaga indisturbato. Viene battezzato con il nome di Covid19 per la malattia e Sars COv2 per il virus, ma non si fa nulla di concreto per fermarlo. Così, mentre dilaga globalmente, l'Oms nicchia e il 22 gennaio dichiara che la situazione non è preoccupante e il rischio moderato. Soltanto l'11 marzo dichiarerà la pandemia globale, con già 12 mila casi in Italia. A questa lentezza si aggiunge la confusione sulle indicazioni per l'uso delle mascherine - inizialmente consigliate soltanto per medici e infermieri - e per i test, raccomandati soltanto per i sintomatici. Questioni sulle quali l'inversione di rotta dell'Oms è arrivata troppo tardi.

L'errore del paziente zero italiano

Viene identificato il 21 febbraio a Codogno come primo caso autoctono, ma poi gli studi rivelano che anche da noi il virus circolava da novembre. Fino a quel momento erano stati identificati solo due casi, la coppia di turisti cinesi curati allo Spallanzani di Roma. I focolai aumentano a velocità impressionante. Il 23 febbraio il professor Andrea Crisanti, responsabile del laboratorio di Padova, invoca «misure draconiane» per contenere l'epidemia che, prevede purtroppo a ragione, «sarà una nuova Spagnola» con milioni di contagiati e di vittime.

La vita sospesa tra le ondate

La sera del 7 marzo trapela la notizia che il giorno dopo scatterà il primo lockdown e la Lombardia, la Regione più colpita, diventerà zona rossa. Scatta la fuga di massa. Da quel giorno non si è mai più tornati ad una quotidianità «normale», tra rialzi della curva e cali dei contagi. Un'estate da «cicale» è stata poi pagata cara con le successive serrate: scuole chiuse, coprifuoco, attività commerciali ridotte e un Natale lontano dagli affetti.

Speranza e delusione

A metà dicembre viene approvato il primo vaccino, Pfizer, e il 27 dicembre partono simbolicamente le somministrazioni in Europa.

Speranze che si infrangono sia sul ritardo nella produzione dei vaccini ma sopratutto sull'efficacia che viene messa in discussione dall'arrivo di nuove e più contagiose varianti del coronavirus.

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