Solo Hamilton sembra essere il pilota che ha corso il vero gran premio d'Inghilterra. Dietro di lui tutti gli altri sembrano aver partecipato ad una gara diversa: infatti più di un minuto tra il primo ed il secondo; addirittura il quarto, che si chiama Raikkonen, doppiato, fanno capire che la condizione meteo di Silverstone è stata la vera protagonista di tutti i 60 giri. Non sono servite tecnologie evolute, tattiche di gara preventivamente azzeccate, grinta dei piloti e dei box.
No, tutto è stato condizionato dai consulenti meteorologici che ogni squadra ha, e che paga profumatamente. Quelli della McLaren hanno detto al primo pit stop «si mette a piovere», ed hanno centrato la previsione al centesimo di secondo. I consulenti meteo di Ferrari e Renault nello stesso tempo reale hanno detto «non pioverà più»; i due team non hanno cambiato le gomme e hanno toppato. Non ci sono quindi scelte sbagliate o decisioni ragionate errate: o credi ai tuoi uomini o no. E nel caos del cielo di questa zona dell'Inghilterra non si poteva certo mettersi il dito in bocca, alzarlo al cielo e valutare a naso se cambiare appunto le gomme o no. Certo fa impressione vedere poi che alla fine di una gara imprevedibile, quasi assurda, la classifica mondiale sia al limite del Guinness, dopo ben 9 gare di Campionato: 3 piloti a pari punti, ed il quarto a soli due dagli altri. In questa configurazione emerge in modo esaltante la considerazione che nei primi tre ci sono dentro sia Massa che Raikkonen.
In ogni caso una gara estrema, con la dimostrazione che la Formula 1 non potrà aiutare le vetture di serie nell'area pneumatici e stabilità sul bagnato: su asfalti particolarmente infidi i due mondi del motore si dividono drasticamente. In realtà montavano tutti gomme definite da bagnato, ma soggette sulla pioggia ad un effetto aquaplaning che nel traffico di tutti i giorni avrebbe significato un'ecatombe stradale.
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