Somalia, milioni di persone muoiono di fame Gli islamici: no agli aiuti, non vogliamo stranieri

Davanti alla peggiore carestia degli ultimi vent’anni i fondamentalisti chiudono le porte alle associazioni umanitarie: "Non vogliamo stranieri". E la piaga si potrebbe estendere a macchia d'olio e colpire anche il Kenia

Somalia, milioni di persone muoiono di fame 
Gli islamici: no agli aiuti, non vogliamo stranieri

Tre milioni di scheletri viventi. Centinaia di migliaia di zombie assetati in cammino nella speranza di trovar un goccio d’acqua prima che la morte trovi loro. Dietro una scia di oltre diecimila cadaveri, la maggior parte dei quali bambini. Sono la tragedia e l’orrore quotidiano di due regioni meridionali della Somalia. La Somalia dove regnano siccità ed integralismo. La Somalia dove gli sheebab, fanatica versione locale del fondamentalismo alqaidista, rifiutano gli aiuti, proibiscono l’accesso alle agenzie umanitarie, minacciano d’ammazzare chiunque tenti di fronteggiare una calamità considerata semplice «propaganda occidentale».
A farlo capire ci pensa lo sceicco Alì Mohammud Rage con un comunicato in cui fa «tabula rasa» delle voci secondo cui alcuni dirigenti della sua organizzazione avrebbero annullato il decreto dello scorso anno che proibiva a qualsiasi operatore umanitario di metter piede nel Paese «Le organizzazioni a cui era già stato negato l’accesso continuano a non essere le benvenute e non possono quindi lavorare nelle nostre zone. Tutto quel che viene dichiarato dall’Onu è falso al cento per cento, si tratta di dichiarazioni puramente politiche» – sostiene il portavoce del movimento sheebab. Mentre lo sceicco condanna a morte la popolazione dei propri territori a Balad, trenta chilometri a nord di Mogadiscio, la vicenda di Asha Osman Aqil, la 32 enne donna ministro sequestrata giovedì dai fondamentalisti, sembra evolvere verso un lieto fine. «Il ministro è in parte libero, anche se i ribelli le hanno ordinato di non lasciare la casa della sua famiglia a Balad» - fa sapere un membro del suo clan.

Asha Oman Aqil è l’unico ministro donna all’interno dell’esecutivo retto dal premier Abdiwali Mohammed Alì. La formazione del cosiddetto governo di transizione federale - al cui interno Asha Oman ricopre la carica di ministro della famiglia - era stata annunciata mercoledì scorso.
Mentre i miliziani al qaidisti parlano di propaganda i funzionari delle Nazioni Unite diffondono dati sempre più allarmanti sulla spaventosa siccità che colpisce le due regioni meridionali del paese. Stando a questi dati la carestia - allargatasi a macchia d’olio fino ai territori del Kenia – è la peggiore degli ultimi 20 anni e minaccia quasi 4 milioni di persone. Solo nel sud della Somalia le popolazioni colpite sarebbero 2 milioni e 800mila.

«Ogni giorno di ritardo si trasforma in una questione di vita e di morte per i bambini e le famiglie delle zone colpite. Se non agiamo subito entro due mesi la carestia e la siccità colpiranno anche il resto del Paese» – sostiene Mark Bowden, coordinatore delle operazioni umanitarie dell’Onu.

Secondo il funzionario la carestia starebbe già falcidiando donne, vecchi e bambini.
«Decine di migliaia di persone, la maggior parte delle quali bambini, sono probabilmente già morte» - ha detto mercoledì durante una conferenza stampa a Nairobi. A far strage d’innocenti non ci sono solo carestia e siccità.
Approfittando dell’emergenza che impedisce a molte famiglie di sfamare i propri figli i miliziani islamici reclutano centinaia di soldati bambini.

A far luce sul nuovo spietato risvolto della tragedia somala è Amnesty International. Secondo l’organizzazione per la difesa dei diritti umani «il sistematico reclutamento di ragazzini sotto i 15 anni sta drammaticamente aumentando».

E con loro aumenta il numero dei bimbi uccisi o feriti.

Nei due ospitali gestiti dalla Croce Rossa in Somalia 398 dei 933 feriti curati tra il primo e il 15 maggio 398 erano bambini. «E’ una vergogna - sottolinea un comunicato di Amnesty - che la comunità internazionale non abbia ancora aperto un indagine approfondita e sistematica sui crimini di guerra perpetrati in quel Paese».

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