(...) Piuttosto 30-35 milioni sono il monte ingaggio che il presidente paga ai suoi giocatori. Monte ingaggi da parte sinistra stabile della classifica. E questo per dire che qualcosa riesce a fare anche senza vendere per forza.
Poi cè il discorso tecnico. Ripeto, senza la pretesa di essere un intenditore. Via Milito, arriverebbero Balotelli, Jimenez, Semioli e Pazzini. Ammesso e non concesso. Ma il regolamento permetterebbe al Genoa di giocare in 14? Al posto di Milito ne giocherebbe uno solo, non tutti e quattro assieme. E ognuno di questi (tutti centropanchina metodista questanno, ci sarà un motivo?, ndr) da solo, non vale un decimo di Milito, tanto è vero che devono appilarli uno sopra laltro e caricarci ancora su dei milioni per fare uno scambio equo. Ma il calcio non è matematica, e il mercato non è quello della frutta e verdura. A forza di sommare grammi allinfinito non si ottiene un campione di «peso».
E allora 30-35 milioni sono tanti, tantissimi. Forse sono anche il prezzo giusto per Milito. Forse persino più alto di quello reale. Ma allora questi milioni escano fuori cash, uno sullaltro, per consentire al Genoa di comprare un giocatore che valga Milito, magari anche più forte ammesso che esista e sia in vendita, e che con il resto ci si paghi anche lo stipendio. Allora, per il concetto che Milito è la più bella asta di bandiera che abbia avuto il Genoa in tempi moderni ma non la bandiera (ché quella è rossoblù e sventola a prescindere da chi indossa la casacca a quarti), anche lui ha un prezzo, certo. E se il presidente deciderà di venderlo (senza che glielo si consigli) avrà naturalmente il diritto di farlo. E se lui vorrà andare via, la porta sarà aperta. Ma solo per questi e non per altri motivi. Non perché pensare ai bilanci «non è un peccato».
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