da Tokyo
Ha raggiunto l'obiettivo la minisonda giapponese Hayabusa che è atterrata, a 290 milioni di chilometri dalla Terra, sulla ruvida e inospitale superficie del minuscolo asteroide Itokawa, un fazzoletto di materia lungo 600 metri e largo 300, per prelevare campioni di roccia in grado di fornire informazioni preziose sull'origine del sistema solare. L'impresa è stata paragonata dagli scienziati nipponici a un «miracolo».
«È una impresa difficilissima che ha aperto una nuova pagina nell'esplorazione del sistema solare. È come se un Jumbo riuscisse ad atterrare all'interno del Gran Canyon in movimento» ha detto in una conferenza stampa Matsuo Hiroki, uno dei padri del programma spaziale giapponese, che dal 2003 è stato unificato e concentrato nell'Agenzia spaziale Jaxa. Hayabusa («falcone» in lingua giapponese) è una sonda a forma di parallelepipedo, 1,6 metri di lunghezza, uno di larghezza e due di altezza. Pesa 510 chili, dispone di due pannelli solari per alimentare il suo motore a propulsione elettrica che le ha permesso di fare un viaggio di lunghezza senza precedenti, due miliardi di chilometri complessivi nell'arco di quattro anni, dalla partenza nel 2003 al ritorno sulla Terra, tutti lo sperano, nel 2007. Il costo della missione è di 20 miliardi di yen (142 milioni di euro). È un condensato di altissima tecnologia, dai motori a propulsione ionica al sistema di navigazione e di guida completamente autonomo a misurazione ottica, senza input dai centri di controllo terrestri. Cinque giorni fa la sonda aveva già toccato la superficie dell'asteroide ripartendo dopo circa 30 minuti, ma senza riuscire ad attivare le attrezzature per prelevare i campioni di roccia.
Intorno alle 7 giapponesi di sabato (le 23 italiane di venerdì) ha tentato con successo un altro atterraggio per prelevare i sospirati campioni di roccia. Era la sua ultima occasione e forse anche per questo c'è stata molta suspense. A 14 metri dal suolo infatti la sonda ha dovuto interrompere la sua discesa, che però poi si è conclusa felicemente. Ora deve solo riattivare i motori per il viaggio di rientro sulla Terra. Era una «missione quasi impossibile». In fase di atterraggio la sonda lancia una pallina di metallo chiamata «guida al bersaglio», per farsi condurre verso l'asteroide. La pallina di metallo contiene i nomi, tra cui quello del regista americano Steven Spielberg, di 800mila persone originarie di 149 Paesi.
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